L’Africa chiama e danza, un’Europa che non vuole essere fortezza soffocante e autoritaria prova ad ascoltare e a guardare. Attraverso la danza, il teatro, la musica e la poesia in due eccellenti festival di lungo corso: Roma Europa Festival, nella capitale, e Fabbrica Europa a Firenze.
Dalla ricchissima rassegna romana riprendiamo qui “Bambu”, progetto non profit che intreccia sapientemente danza, musica e parola e al Mattatoio di Roma ha presentato, il 7 e 8 ottobre, tre assoli coreografici: “Un voyage autour de mon nombril” di Julie Iarisoa dal Madagascar, “Chute perpétuelle” di Aziz Zoundi dal Burkina Faso, “Nakatša go rwešwa” di Humphrey Maleka dal Sudafrica il quale dota lo spettacolo di una vena beffarda salutare e di notevole acume.
Il continente depredato. “Il nostro continente aveva rame e oro / e i nostri visitatori avevano un piano / quello di scoprire e dare un nuovo nome / a tutti i luoghi promettenti che noi conoscevamo da sempre / così non sarebbero serviti titoli o atti”, recita Maleka. Cambiare nomi a luoghi e territori è un metodo sperimentato per depredare e sterminare: pensiamo ai nativi americani. “Poi avrebbero nominato giudici alcuni di loro / per formalizzare legalmente l’inganno e il furto // e quando gli indigeni si ribellavano / li chiamavano attacchi dei gorilla”, esclama l’attore ballerino sudafricano per concludere: “i posti che un tempo si chiamavano sottosviluppati / ora si chiamano ricchi di materie prime”. Dovrebbe ricordarci qualcosa sulle mire espansionistiche su territori come Gaza? Lasciamo stare…
Alla fine l’attore-ballerino, indossata una divisa militare e impegnato in una marcia paradossale, siederà a un tavolo con la mappa dell’Africa, un binocolo, due copie della Bibbia e qualche pistola, soldatini ed elefanti tra bandiere dei paesi colonialisti (manca quella belga) suggerendo con ironia come sfruttamento e colonialismo incombano su centinaia di milioni di persone.
Aziz Zoundi presta il suo corpo alle difficoltà che incontra chi vuole diventare un artista nel Burkina Faso. Fortemente poetica Julie Iarisoa: il abito rosso, con barchette di carta e un lenzuolo bianco che da sorta di sudario trasforma in turbante nella scena interamente nera, evoca la drammaticità, la speranza e la paura di chi si imbarca per mare su barche malferme sperando di arrivare alla meta e costruirsi una vita ed evoca una precarietà di vita.
“Bambu” è un progetto dal coreografo e direttore artistico di Aldes Roberto Castello e, avvertono le note stampa, prende spunto “dal pensiero dello scrittore e intellettuale keniota scomparso a maggio, Ngugi Wa Thiong’o e “raccoglie il suo invito” a “decolonizzare la mente”. Dopo a Pesaro il 12 ottobre e Trento il 15, “Bambu” è al Festival Visavì di Gorizia il 17, nel cantieri culturali Koreja di Lecce il 19, al Teatro del Ponente di Genova il 23 e 24, nella sede della compagnia Aldes “Spam” a Porcari (Lucca) il 29 ottobre.
Dal Senegal all’Europa e viceversa. Il festival fiorentino il 3 ottobre al Teatro Puccini ha proposto, sempre in prima nazionale, “Until the Beginnings”, spettacolo firmato dalla coreografa, artista multidisciplinare e direttrice artistica della École des Sables Alesandra Seutin e da Stephanie Thierschl, direttrice artistica di Mouvoir, coreografa, artista multimediale tedesca. Con il suono della kora (strumento a corda dell’Africa occidentale dal suono melodico) e incursioni di altre sonorità, danzatori dal Senegal, dalla Germania e dalla Francia intrecciano movimento delle braccia e delle gambe e del corpo e passaggi sul palcoscenico che in più momenti richiamano forme di ballo di quei territori africani a sud del Sahara affacciati sull’Atlantico.
Non immaginate un folklore facile ed esotico. Immaginate passi e scambi di posizione che, almeno a chi è profano della danza, vedono donne e uomini alternarsi in passaggi talvolta vorticosi e avvincenti. L’alchimia gioca, anche, sul bianco e nero di ogni abito e corpo (nessuno è tutto nero o bianco) e traduce, attraverso la gestualità, il canto e il suono, una mescolanza tanto fisica e gestuale quanto culturale. Un inciampo tecnico nei sovratitoli elettronici con le parole dell’ottima performer vocale non ha alterato la musicalità e la fisicità di una performance molto applaudita e coinvolgente fino all’ultimo.