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Quel piccolo grande attore: trent'anni fa se ne andava Renato Rascel

Moriva a Roma il 2 gennaio 1991 il "Piccoletto nazionale", un talento che straordinariamente passava dalla radio al teatro, dal cinema alla tv

Quel piccolo grande attore: trent'anni fa se ne andava Renato Rascel
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Giancarlo Governi Modifica articolo

2 Gennaio 2021 - 11.57


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Il 2 gennaio del 1991 moriva Renato Rascel, un personaggio straordinario che ha calcato le scene italiane del teatro, del cinema, della musica e della televisione per oltre 50 anni. Rascel era conosciuto come il “Piccoletto nazionale“, per via della sua altezza che forse lo aiutò nella sua carriera. Sarebbe diventato comunque un grande attore perché aveva passione e talento da vendere. Ma forse non sarebbe diventato un personaggio, il Piccoletto nazionale, se fosse stato alto un metro e settanta.
Fu, invece, un personaggio ‘piccolo’ in tutto ma grande, grandissimo nel talento. Perché Renato Rascel è stato un personaggio unico nel panorama teatrale italiano che ha avuto tanti comici (alcuni, come Totò, di dimensione stratosferica) ma non ha avuto un altro attore completo come lui. Rascel era comico (ma negli anni della maturità si cimentò con successo in parti drammatiche: come dimenticare Il cappotto, il film che Alberto Lattuada trasse da una novella di Gogol?), era comico, dicevo, ma era anche musicista e ballerino.
Quella sua voce sottile e leggermente nasale, modulata sullo swing del jazz, arrivava a note imprendibili per gli altri cantanti e poi fin da piccolo era stato folgorato dal ballo, dal tango argentino prima, quando furoreggiò in Italia nei primi anni Trenta, e dal tip tap di cui fu straordinario interprete poi. In tutte le discipline Rascel portava una buona dose di ironia, che spesso sfociava in comicità irresistibile, e una certa levità, coerente con il suo fisico leggero di bambino mai cresciuto.

Rascel e la sua comicità non-sense. In Rai con “E’ arrivata la bufera” 

Fu soprattutto il suo non-sense a imporlo come comico originale, con quel suo modo strampalato di raccontare la vita di tutti i giorni senza una apparente logica, secondo un procedimento spiazzante che consisteva nel condurre lo spettatore verso l’assurdo. Per esempio, ecco una tipica frase di Rascel: «Eravamo a Caianello che facevamo i cadetti quando arriva uno che dice: “scusino, loro fanno i cadetti? Be’, me ne facciano due…”. Non l’avesse mai detto! Non l’avrebbe sentito nessuno… ». Possiamo tranquillamente dire che Rascel anticipa di un decennio, in chiave comica, il teatro dell’assurdo di Jonesco e dello stesso Becket.
Certo, non fu facile affermare questo tipo di comicità, ma alla fine Rascel riuscì nell’impresa, disegnandosi addosso un personaggio quasi lunare, fiabesco, improbabile che restò in scena per oltre mezzo secolo. E sempre all’apice del successo.
Un altro merito di Rascel è l’aver inventato, insieme a Garinei e Giovannini, la commedia musicale, un genere teatrale affermato a Broadway ma sconosciuto in Europa, e l’aver composto e cantato con la sua voce particolare e impareggiabile decine e decine di canzoni di grande successo, tra cui spicca la famosissima Arrivederci Roma.

Renato Rascel in “Arrivederci Roma”

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