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Pippo Baudo sulla riforma Rai: ci vogliono uomini coraggiosi

Uno dei più famosi presentatori del servizio pubblico in Italia dà qualche consiglio a Renzi.

Pippo Baudo sulla riforma Rai: ci vogliono uomini coraggiosi
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29 Marzo 2015 - 11.19


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Sul tema del Ddl Riforma Rai, varato ieri dal Consiglio dei Ministri, è intervenuto anche Pippo Baudo. “Il compito più difficile sarà scegliere chi pedala su questa bicicletta nuova e lucente”. “La riforma per quello che ho letto – ha aggiunto – non è cattiva: ha buoni propositi, con un Cda indicato in gran parte dal Parlamento e con un rappresentante dei dipendenti ma soprattutto con il nuovo ad con pieni poteri. Però il problema è sempre lo stesso: che tutto è bello sulla carta ma poi tutto marcia sulle gambe degli uomini”.

E ha tenuto a specificare: “Il problema della Rai degli ultimi 15-20 anni è stato un susseguirsi di cambi di gestione condito con infornate di dirigenti di dubbia competenza. Per carità con le dovute eccezioni, ma si sono perse professionalità importanti e soprattutto il coraggio che è una dote che alberga solo in chi ha la competenza per assumersi responsabilità. Così per un direttore era più facile comprare un format all’estero o un programma a scatola chiusa all’esterno piuttosto che mettere in piedi una squadra di autori intorno ad idea o capaci di partorila un’idea. E così oggi capita di vedere che l’adattamento di un format è firmato da 15 autori. Ma stiamo scherzando? Così non si va da nessuna parte”.

“Bernabei, che è stato un dg paragonabile ad un ammistratore delegato, seppe delegare a persone che aveva avuto cura e coraggio di scegliere bene. E da quella stagione uscirono dirigenti, autori e programmi con i fiocchi. Spero si faccia tesoro di quell’esperienza e si abbia la lucidità per esempio di creare una sorta di accademia degli autori, realmente impegnata nella creazione di idee originali da trasformare in numeri zero ed eventualmente da sviluppare. L’alternativa è la sopravvivenza di una Rai residuale ed elitaria, magari giustificata dalla cultura con C maiuscola, che fa il gioco della concorrenza perdendo pubblicità che andrà altrove”, ha concluso.

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