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Sony: il finale non piace a nessuno

Dopo le minacce terroristiche contro The Interview, si possono giustificare le sale, ma non la Sony che avrebbe dovuto tenere in conto le reazioni ‘diplomatiche’.

Sony: il finale non piace a nessuno
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19 Dicembre 2014 - 09.46


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di Piero Cinelli

Allora era tutto vero! Il leader o meglio il dittatore nord-coreano ha commissionato il cyber-attacco alla Sony Pictures, e non contento dei danni provocati dal colossale furto informatico ha fatto recapitare ai media una missiva con minacce terroristiche nei confronti delle sale e degli spettatori che fossero andati a vedere il film, con il risultato che prima le sale cinematografiche e poi la stessa Sony Pictures hanno cancellato l’uscita di The Interview.

Ora premesso che il Sig. Kim Jong-Un che non si può certo definire un gentleman, possa avere avuto le sue ragioni ad arrabbiarsi per essere stato scelto come co-protagonista a sua insaputa, proprio come Scaloja, di The Interview, che come arcinoto racconta la storia di due conduttori televisivi da strapazzo ai quali è stata concessa un’intervista con il leader nord-coreano Kim Jong-Un, e che prima di partire vengono contattati dalla Cia che li incarica di ammazzarlo, la reazione di stampo criminale sotto tutti gli aspetti è inaccettabile. Inaccettabile sia sul piano morale che sul piano materiale. E’ di fatto una resa ad un’intimidazione di stampo mafioso che una major di Hollywood non doveva accettare.
Si possono giustificare i circuiti cinematografici che hanno la necessità di far sentire i propri clienti in una botte di ferro, ma non la Sony, visto che la scelta di fare quel film e di osare di rappresentare un dittatore in carica in una commedia trucidamente comica, era totalmente e squisitamente sua. E quindi avrebbe fatto meglio, a nostro parere, tenere il punto, soprattutto adesso che l’affaire Sonyleaks è diventato un caso di ‘difesa democratica e nazionale’ contro la pecora nera asiatica. Piuttosto inspiegabile anche perché sembra strano che la Sony non avesse messo in conto delle reazioni quantomeno ‘diplomatiche’ contro il film.

Probabilmente la resa di The Interview (che secondo quanto viene scritto non uscirà nemmeno in video e in tv) vuole tentare di salvaguardare tutto il resto del retrobottega razziato dai pirati nordcoreani, ma di certo per lo studio e per la co-presidente e responsabile della produzione, Amy Pascal, è una mazzata pesantissima, sia sotto il profilo economico (il film è costato 43 milioni di dollari ed almeno una ventina sono stati già spesi per il lancio visto che sarebbe dovuto uscire il 25 dicembre) che come immagine. Un danno pesantissimo anche per tutta l’industria che da oggi è molto più fragile, visto che basta un fantomatico gruppo di ‘pirati’ per condizionarla.

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