Si entra nel carcere fiorentino di Sollicciano, alla periferia tra il capoluogo e Scandicci, e nel cortile dove attendiamo che la guardia ci porti nel luogo dello spettacolo sul muro interno in cemento armato si staglia la scritta in vernice bianca a caratteri maiuscoli “Those who love me”, “coloro che mi amano”. Colpisce, una frase simile, in un luogo di detenzione, tra i muri grigi, spesso con colature nere, sotto le torrette, tra cancelli e inferriate in un complesso in condizioni difficili.
Siamo un centinaio, spettatori, inclusi i familiari di alcuni detenuti, per assistere, dopo aver depositato come da regolamento borse, documenti e cellulari, alla seconda replica de “Il giardino degli incontri”: l’azione teatrale organizzata nella casa circondariale con la compagnia teatrale del carcere corona il dodicesimo “Materia prima festival”, rassegna di teatro contemporaneo curata da Murmuris al Teatro Cantiere Florida e in altre sedi di Firenze.
La trepidazione dei familiari in attesa. Frutto di una strategia molto intelligente di Murmuris verso il pubblico, molti spettatori sono ragazze e ragazzi, come accade in misura ancora più marcata in spettacoli quali l’ottimo debutto del duo Mattioli/Donzelli “Macello” su un ragazzo al lavoro in un mattatoio prigioniero del padrone e di una sudditanza sociale.
Nell’attesa prolungata i familiari dei detenuti, comprensibilmente, trepidano, hanno un carico emotivo maggiore. Ci introduce all’appuntamento una guardia dal marcato accento napoletano, paterno, un po’ stressato, un attore bene nella parte: ci considera tutti familiari di qualche detenuto. Ci avverte che lì circolano voci su strane “presenze”: scopriremo presto quali.
Detenuti in bianco nell’omaggio a Michelucci. Le presenze si materializzano. Più di una decina di detenuti in abito bianco transita come in processione e li avremo davanti, vicini o intorno in questo speciale “giardino degli incontri”. Il titolo è il nome dello spazio tra colonne a forma di albero, vetrate e un giardino progettati dall’architetto Giovanni Michelucci che, qui, ideò il suo ultimo lavoro con l’intento di umanizzare il luogo della pena.
Il progettista e intellettuale morì il 31 dicembre 1990, senza vedere il progetto completato. Attraverso sue registrazioni poetiche tratte da “Dove si incontrano gli angeli” lo spettacolo ci ricorda la sua umanità profonda, lo spirito civile che lo animava sempre, anche nel concepire il carcere luoghi come un luogo dove salvaguardare sempre l’umanità. Altro che la spietatezza di quel sottosegretario che ha dichiarato di provar gioia quando ai detenuti mafiosi viene sottratta perfino l’aria.
“Abitato da un’infinità di sogni”. L’appuntato enumera vari divieti: non si può infrattarsi dietro le piante, non si può volare né (articolo 76 del regolamento) si può sognare. Un detenuto-attore africano ha appena confessato di essere “abitato da un’infinità di sogni” e di aver sognato di trovarsi solo nel deserto e prossimo a morire. I drammi filtrano. Una violinista e una flautista accompagnano ogni tappa con brani evocativi, da loro elaborati, finché il percorso non viene coronato da una recitazione in ottava rima e un ballo popolare nell’arena in cui i detenuti-attori, spettatrici e spettatori condividono un momento, per la frazione di pochi minuti, liberatorio.
Le condizioni drammatiche delle carceri. I detenuti condivideranno un buffet con i familiari, noi spettatori usciamo presso la periferia di Scandicci, molti scambiando saluti con chi rimane. Come la gran parte delle carceri italiane, Sollicciano ha condizioni problematiche, la struttura è invecchiata, ha troppi detenuti, a gennaio e a febbraio2025 ha contato altri due suicidi.
Nel quadro italiano “il 2024, annus horribilis, si sono raggiunti 89 suicidi fra i detenuti, 7 fra la Polizia penitenziaria, 245 decessi totali fra i reclusi”– denunciava il 3 gennaio scorso Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria – A oggi, a nulla sembrano servite le parole del Papa, pronunciate in occasione dell’apertura della Porta Santa nel carcere romano di Rebibbia, ma neppure quelle del Presidente della Repubblica, particolarmente toccanti, contenute nel suo messaggio di fine anno” quando “mancano 18mila unità agli organici del Corpo di polizia penitenziaria”.
“Al 30 dicembre 2020 in Italia si contavano 52.273 detenuti, al 17 marzo 2025 si è saliti a 62.137 con l’indice di sovraffollamento che ha raggiunto il 132,8%)”, ha scritto Luca Bonzanni in un articolo ben documentato sul quotidiano Avvenire il 9 aprile scorso.
Un’azione teatrale riuscita. Lo spettacolo non può certo risolvere una situazione drammatica, a Sollicciano e altrove; al contempo l’azione teatrale è piena di vita, necessaria. Complimenti quindi anche alla direzione del carcere fiorentino per accogliere, come è accaduto più volte, iniziative culturali come questo spettacolo. Firmano drammaturgia e regia Elisa Taddei, la coreografia Luana Gramegna, la scenografia Francesco Givone.
Il “giardino degli incontri” è prodotto da Krill Teatro che opera nel penitenziario dal 2008 con il sostegno della Regione Toscana e della Fondazione Carlo Marchi. Vale nominare tutti gli interpreti: Alexander Ion, Michele Cimmino, Ellouizi Charaf, George Cojocaru, Angelo Galiano, Tarek Ben Massoud, Gianfranco Gallo, Marco Franci, Sussanah Iheme, Daria Menichetti, Stefano Monaco, Remzi Moustafà, Monica Santoro, Mamadou Mustafà, George Touader. “Materia Prima Festival” ha avuto il sostegno e il contributo del Mic – Ministero della cultura, della Regione Toscana, del Comune di Firenze, della Fondazione CR Firenze, di Unicoop Firenze.
Unico appunto al festival: il suo sito web è esteticamente accattivante quanto poco funzionale per ricavare informazioni.