Le donne dei quartieri difficili di Napoli si riscattano grazie al teatro

A Forcella si svolge il laboratorio 'La scena delle donneì, che ha permesso alle partecipanti di mettersi in discussione e ritrovare la propria identità.

Le donne dei quartieri difficili di Napoli si riscattano grazie al teatro
Preroll AMP

GdS Modifica articolo

4 Gennaio 2015 - 16.03


ATF AMP

Sono donne di Forcella, uno dei quartieri più difficili di Napoli, ma non solo: sono persone che hanno scelto di mettersi in discussione e di cercare un riscatto, partendo da sé, dalla propria identità ritrovata attraverso il teatro. Fanno parte de “La scena delle donne”, laboratorio teatrale di f.pl. femminile plurale a cura di Marina Rippa e Alessandra Asuni realizzato a piazza Forcella a Napoli nato dapprima grazie a un finanziamento delle Fondazioni Con il Sud ed Enel Cuore (fino a marzo 2014) e oggi autofinanziato. Marina Rippa, regista teatrale oltre che insegnante, ha iniziato a lavorare all’idea di un teatro delle donne e per le donne già dal 1999 quando con la sua compagnia Liberamente ha incontrato un gruppo di anziane, ospiti della comunità alloggio “Cardinale Mimi” dove ha fatto entrare il Teatro fino al 2006; è poi approdata al Trianon diretto allora da Nino D’Angelo e il regista Davide Iodice le ha proposto di realizzare un laboratorio che avesse un legame stretto con il quartiere di Forcella. Nel 2007 è nato il laboratorio teatrale “Donne con la folla nel cuore”. “Ho pensato- racconta Marina Rippa- che in un quartiere così complesso si potesse lavorare o con gli adolescenti o con le donne. E tra le due opzioni l’assessorato alle politiche sociali regionali ha scelto di finanziare un progetto teatrale con le donne. Le donne sono entusiaste e non vogliono rinunciarci”.

Top Right AMP

Gianna, 56 anni, segue il laboratorio già da 7 anni: “E’ una bellissima esperienza-racconta -, sono diventata donna facendo il teatro, prima non mi sentivo donna. Non mi sentivo in niente realizzata, forse perché faccio lavoretti così e non un lavoro con cui mantenermi. Il teatro mi ha salvato quando mia madre è venuta a mancare ed ero un po’ depressa. Quando il progetto non è stato finanziato ed è stato interrotto per due anni sono stata male. Ogni giorno Marina si preoccupava per noi cercando una soluzione, poi finalmente è ripartito. Oggi siamo un bel gruppo, partecipiamo ai convegni, ci incontriamo per andare al bar insieme. All’inizio mio marito era geloso, mi diceva: “che devi fare la pagliaccia?”, ora mi dice “Quando te ne vai?”. Ce l’ho fatta a fargli capire che questo tempo per me è importante dicendogli: “In casa che devo fare solo la cameriera?”. Infatti prima non potevo fare niente, neanche la palestra, perché mio marito è disoccupato e non possiamo permetterci svaghi. Qui faccio movimento, conosco belle persone. Prima pensavo solo alla casa e ai figli ora penso anche a me e mi sento realizzata. Sono rinata”.

E non manca il consenso del pubblico. Frutto del primo laboratorio di quest’anno, Pee Devozion è stato messo in scena a inizio dicembre e ha visto Piazza Forcella straripante di persone entusiaste. Lo spettacolo racconta in modo onirico le storie sui riti quotidiani, familiari e non, relativi al vivere il sacro di 18 donne. “Io e Alessandra Asuni- racconta Marina Rippa- abbiamo scoperto che anche chi non crede ha dei gesti e delle abitudini di cui non si può fare a meno. Sono partita proprio da un mio ricordo personale: fin da bambina apparecchiavo la tavola con le stesse posate per me e mio padre e ancora oggi anche se lui non c’è più quando vado a trovare mia madre, conservo quel gesto. Molte donne sono legate a riti sacri soprattutto delle Madonne e delle Sante del posto”.

Dynamic 1 AMP
FloorAD AMP
Exit mobile version