Quel filo che lega il mese di ottobre a tre passaggi cruciali della nostra storia | Giornale dello Spettacolo
Top

Quel filo che lega il mese di ottobre a tre passaggi cruciali della nostra storia

La marcia su Roma di ottobre del ’22, la liberazione di Predappio di ottobre del ’44, la manifestazione per la “memoria storica” a Predappio di ieri l’altro

Quel filo che lega il mese di ottobre a tre passaggi cruciali della nostra storia
Preroll

Marcello Cecconi Modifica articolo

28 Ottobre 2025 - 14.01 Culture


ATF

C’è un filo sottile, quasi invisibile ma resistente, che lega tre date distanti un secolo: il 1922, il 1944 e il 2025. Tutte si collocano nello stesso periodo dell’anno, negli ultimi giorni di ottobre, e tutte raccontano, in maniera diversa, un passaggio cruciale della nostra storia: la nascita, la fine e il timore del ritorno di un’ombra che pensavamo sconfitta.

Tra il 25 e il 31 ottobre del 1922, l’Italia assistette alla Marcia su Roma. Migliaia di camicie nere marciarono verso la capitale, mentre l’uomo di Predappio, Benito Mussolini, all’interno del suo giornale milanese, Il Popolo, preparava il proprio ingresso nella storia e nel potere. In quei giorni si chiuse la fragile esperienza liberale italiana con l’ultimo tentativo del Re di fare un governo attraverso Antonio Salandra, politico navigato che non era inviso ai fascisti. Il tentativo fallì e iniziò un ventennio di oscurità, violenza e censura. La “rivoluzione fascista” si proclamava come rinascita, ma presto avrebbe rivelato il suo volto autoritario.

Ventidue anni dopo, il 28 ottobre 1944, (c’è chi sostiene il giorno prima) la storia volle che Predappio, il paese natale di Mussolini, fosse liberato dai partigiani e da un reparto di soldati polacchi. Il simbolismo era potente: proprio il luogo che aveva dato i natali al dittatore veniva liberato nello stesso giorno in cui, ventidue anni prima, aveva marciato verso il potere. Quel giorno di ottobre rappresentò non solo la fine fisica del fascismo, ma anche la promessa di una nuova Italia, democratica, fondata sulla libertà e sulla Costituzione che di lì a poco avrebbe sancito i principi antifascisti come pilastri della Repubblica.

Ottantuno anni dopo, Predappio torna al centro della cronaca. Il 26 ottobre centinaia di persone si sono ritrovate davanti alla cripta del Duce. Saluti romani con l’urlo “presente” hanno segnato la giornata, a cui si è unita anche Forza Nuova, guidata da Roberto Fiore. Una manifestazione non violenta ma che, nelle immagini, parole e gesti, ha fatto riemergere ancora una volta quell’Italia che non è relegata solo ai libri di storia.

Le pronipoti di Mussolini, organizzatrici del raduno, hanno parlato di “memoria storica”, ma il linguaggio e la scenografia hanno evocato qualcosa di più: la tentazione del mito, il richiamo di un passato ingombrante. Niente di nuovo, forse, ma in un clima politico in cui la destra estrema trova spazi di visibilità e consenso, quelle immagini assumono un peso che va oltre il folklore nostalgico.

Non è male ricordare che la Costituzione italiana, quella nata dalle macerie del fascismo, non è solo un documento, ma una barriera solida contro il suo ritorno. Non a caso la Corte di Cassazione, il 17 aprile 2024, ha ribadito che il saluto romano e la “chiamata del presente” costituiscono reato ai sensi dell’art. 5 della legge Scelba del 1952, che punisce l’apologia del fascismo. Una sentenza necessaria, in tempi di smarrimento politico e identitario, per ricordare che la democrazia non si difende da sola: ha bisogno di cittadini consapevoli, di memoria attiva e di istituzioni ferme.

Tre ottobre, tre Italie. Nel primo, quella che si consegna all’autoritarismo; nel secondo, quella che riconquista la libertà; nel terzo, quella che rischia di dimenticare. Sarà solo una coincidenza ma, forse, ottobre torna ogni anno per ricordarci che la strada che possiamo percorrere può andare in due direzioni: verso il futuro o, se restiamo indifferenti, di nuovo verso il buio.

Native

Articoli correlati