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Artropodi tropicali a rischio a causa del cambiamento climatico

Uno studio rivela che l'intensificarsi degli eventi ribattezzati El Niño mette in pericolo la stabilità di interi ecosistemi

Artropodi tropicali a rischio a causa del cambiamento climatico
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7 Settembre 2025 - 17.12 Culture


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L’ennesimo campanello d’allarme è suonato. A causa dell’intensificarsi di fenomeni connessi ai cambiamenti climatici, le popolazioni di artropodi dei tropici sono a rischio. Questo è quanto emerge da un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica Nature, condotto da alcuni ecologi della School of Biological Sciences (SBS) dell’Università di Hong Kong (HKU).

Gli artropodi, ovvero insetti e ragni, creature minuscole che costituiscono la maggioranza delle specie animali presenti sulla Terra. Essi sono contributori insostituibili che ricoprono un ruolo cruciale nel mantenimento della salute degli ecosistemi e costituiscono anche una fonte di cibo essenziale per gli uccelli e altri animali di grandi dimensioni.

Mentre il regresso degli artropodi nelle regioni temperate dell’emisfero settentrionale ha attirato l’attenzione di molteplici studiosi negli ultimi anni, la loro rapida scomparsa dalle foreste pluviali tropicali, anche in aree (apparentemente) incontaminate, è passata in gran parte inosservata.

Così, un team internazionale di scienziati si è proposto di scoprire queste prove mancanti. Lo studio è stato guidato da alcuni ricercatori del Biodiversity and Environmental Change Lab e del gruppo Global Change and Tropical Conservation dell’HKU, che hanno condotto un’analisi su larga scala sugli artropodi della foresta pluviale tropicale e sui ruoli ecologici essenziali che questi animali svolgono.

Entrando nel dettaglio, combinando le informazioni provenienti da oltre 80 studi condotti in precedenza su siti di foresta pluviale tropicale che non sono mai stati alterati commercialmente dall’uomo, il team ha riscontrato una significativa perdita di biodiversità in diversi tipi di artropodi.

A proposito di questa scioccante scoperta, il dottor Adam Sharp, borsista post-dottorato dell’HKU, analista di dati e fra gli autori principali della ricerca, si è così espresso: “Trovare cali così ampi in così tanti studi diversi è davvero una cattiva notizia, nostri risultati suggeriscono fortemente che l’immensa biodiversità degli artropodi della foresta pluviale tropicale è sotto minaccia immediata”.

E ha continuato ancora Sharp: “Poiché tutti i dati che abbiamo utilizzato provengono da foreste pluviali considerate ‘intatte’, significa che anche le foreste pluviali tropicali più profonde e buie rischiano di essere gravemente colpite”.

E’ chiaro che i cali non sono stati casuali, con lo studio che ha identificato nei cambiamenti all’interno dell’El Niño-Oscillazione Meridionale (ENSO), che regola il clima tropicale di anno in anno, il principale protagonista di questo peggioramento negli ecosistemi delle zone tropicali.

Invece, il Dott. Michael Boyle, ricercatore presso la HKU SBS, ha tuonato: “Riteniamo che la crescente frequenza di El Niño sia la causa di questo diffuso declino degli artropodi. In queste foreste pluviali tropicali, che non sono state altrimenti modificate fisicamente dall’uomo, possiamo escludere la perdita di habitat, i pesticidi, l’inquinamento e varie altre minacce. In questi luoghi, El Niño sembra essere il principale sospettato”.

Questi drammatici fenomeni ambientali causati dal clima non sono solo biologici ma funzionali. Lo studio effettuato all’interno dell’Università di Hong Kong ha rilevato, inoltre, che due processi ecosistemici critici, la decomposizione e l’erbivoria, si stanno già indebolendo.

Infine, la professoressa associata Louise Ashton dell’HKU, a capo del team di ricercatori, si è così espressa: “Gli artropodi sono componenti essenziali degli ecosistemi funzionanti, svolgendo processi vitali. Abbiamo scoperto che i declini in alcuni gruppi di artropodi erano collegati a tassi più bassi di due processi ecologici essenziali: la decomposizione e l’erbivoria, a indicare che la perdita di biodiversità sta rimodellando il funzionamento di interi ecosistemi.”

E ha concluso Ashton: “Alla luce di questi risultati, è essenziale agire ora per limitare la gravità del cambiamento climatico globale e prevenire un’ulteriore perdita di biodiversità”.

Insomma, quest’ultimo studio non fa altro che mettere il dito nella piaga in una situazione che, da un punto di vista ambientale, sembra ormai compromessa, ma l’augurio rimane quello che qualcuno agisca al più presto per migliorare il quadro attuale, anche perché se l’uomo continuerà a distruggere l’ambiente quest’ultimo alla fine inghiottirà l’intera umanità.

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