Riciclo catalitico delle plastiche: l'alba di una nuova sfida industriale

Una nuova tecnologia potrebbe cambiare radicalmente la gestione del "plasmix". A svilupparla la Northwestern e la Purdue University.

Riciclo plastica
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5 Settembre 2025 - 18.00 Culture


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di Lorenzo Lazzeri

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La tecnica di riciclo catalitico, sviluppata dalla Northwestern University e dalla Purdue University, sembra essere a oggi una delle più interessanti innovazioni nel trattamento di polietilene (PE) e polipropilene (PP). La scoperta, messa in relazione al modello di riciclo meccanico italiano, appare come complementare e interessante a livello di fattibilità, ricadute economiche e possibilità di renderla operativa su vasta scala.

L’innovazione in questione possiede una capacità unica, quella di superare le principali inefficienze del riciclo tradizionale, che si basa su processi come la triturazione, il lavaggio e la fusione della plastica. A differenza di questi metodi, il nuovo catalizzatore a base di nichel elimina la necessità di uno smistamento meticoloso dei rifiuti plastici per tipologia, un passaggio oneroso e costoso che ostacola l’efficienza del riciclo meccanico. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Chemistry, è stata coordinata da Tobin Marks e Yosi Kratish della Northwestern e Jeffery Miller della Purdue. Il catalizzatore riesce a rompere i forti legami chimici delle plastiche senza doverle separare, trasformandole in oli e cere che possono essere riutilizzati per ottenere lubrificanti, carburanti e candele. Questo processo di “upcycling” contrasta con il “downcycling” tipico del riciclo meccanico, che spesso produce materiali di qualità inferiore a quella di partenza.

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Un aspetto particolarmente rilevante è l’efficacia del catalizzatore in presenza di cloruro di polivinile (PVC), un contaminante che notoriamente rende la plastica non riciclabile attraverso i processi meccanici standard. L’aggiunta di PVC, che tradizionalmente è proibita nei flussi di riciclo, rende il processo catalitico più efficiente. Questa caratteristica potrebbe aprire nuove possibilità per il trattamento di flussi di rifiuti misti che oggi sono considerati non riciclabili.

Il modello di riciclo italiano, pur avendo raggiunto importanti risultati con il consorzio Corepla che ha gestito oltre 1,5 milioni di tonnellate di imballaggi nel 2024, presenta chiare vulnerabilità strutturali. Il settore del riciclo meccanico, secondo Assorimap, è in una fase di recessione economica, con un calo del fatturato nonostante l’aumento dei volumi. Le cause sono da rintracciare nella crisi alimentata da costi operativi elevati, prezzi bassi delle materie prime seconde e una forte concorrenza lato importazioni. Una quota significativa dei rifiuti plastici misti, noti come “plasmix”, non può essere riciclata meccanicamente e viene destinata a un recupero energetico a basso valore, spesso tramite incenerimento.

La tecnologia catalitica mira a sostituire il riciclo meccanico, anche se in una prima fase lo andrà a complementare in modo strategico, offrendo una soluzione per i flussi di rifiuti misti e contaminati che rappresentano il punto debole del sistema attuale, creando una nuova filiera di valore. L’industrializzazione di questa tecnologia, sebbene si trovi ancora in una fase di ricerca e sviluppo, si inserisce in un contesto europeo e italiano già in fermento per il riciclo chimico.

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L’industria stima che il riciclo chimico richiederà ancora “due o tre decenni” per rappresentare una quota significativa (20-30%) della domanda totale di plastica, ma i vantaggi del catalizzatore, come la sua efficienza energetica e le basse temperature di esercizio, rendono la sua scalabilità più promettente rispetto ad altre tecnologie più energivore come la pirolisi ad alta temperatura. L’Europa e l’Italia stanno già investendo nel riciclo chimico e Plastics Europe stima che entro il 2030 il riciclo di questo tipo potrebbe gestire fino a 3 milioni di tonnellate di rifiuti plastici a livello europeo, in particolare per i flussi non riciclabili meccanicamente.

In Italia sono già in corso progetti industriali, come un impianto di pirolisi per rifiuti plastici misti e pneumatici con una capacità di 12-16 tonnellate al giorno e l’accordo tra Saipem e Garbo per industrializzare la tecnologia “ChemPET” per il riciclo del PET. Esempi che dimostrano la volontà e la capacità del mercato italiano di investire in processi di riciclo chimico come soluzione per i flussi di rifiuti più complessi. La tecnologia catalitica offre l’opportunità di reindirizzare il “plasmix” verso l’upcycling, sbloccando valore economico e rafforzando la leadership del Paese nell’economia circolare.

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