Strage di Via D’Amelio 33 anni dopo | Giornale dello Spettacolo
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Strage di Via D’Amelio 33 anni dopo

Sono passati molti anni dall'attentato che ha tolto la vita al giudice siciliano Paolo Borsellino e a cinque agenti della sua scorta. Resta una delle figure più importanti da seguire per raggiungere l'obiettivo che gli è costato la vita: sconfiggere la mafia.

Fonte: ansa.it
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18 Luglio 2025 - 22.30 Culture


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di Giada Zona

L’orologio segna le 16:58 ma in realtà il tempo a Palermo si ferma e rimane terrore, panico, sgomento. Era il 19 luglio del 1992 quando l’Italia perdeva Paolo Borsellino e la sua scorta. La mafia era lì e aveva ucciso uno dei più importanti giudici impegnati a sconfiggerla. Un boato, un’esplosione udita in ogni angolo della città, che mise fine alla vita del giudice e a quella di cinque agenti della sua scorta.

Paolo Borsellino, magistrato e uomo di spicco nella lotta alla mafia, insieme al suo amico Giovanni Falcone, solo successivamente diventato collega, prende parte al Pool antimafia nato per sconfiggere Cosa Nostra. Un lavoro che ha reso la lotta alla mafia un obiettivo comune che, piano piano, usciva dalle aule giudiziarie raggiungendo l’immaginario collettivo grazie anche alla televisione, ormai nella quasi totalità delle famiglie italiane, che mostrava immagini degli uomini d’onore in carcere.

Quando il Pool antimafia si sciolse e Borsellino tornò a Palermo con il ruolo di Procuratore aggiunto; non trovò un clima molto accogliente. Una volta arrivato nella sua terra percepiva, ancor prima della morte di Falcone, l’isolamento dei giudici e la loro separazione dallo Stato. Insomma, Borsellino aveva già avvertito qualcosa di strano.

Quel giorno, il 19 luglio 1992, il giudice pranzò con la moglie e i figli e poi si recò in via D’Amelio, a Palermo, dove abitavano la mamma e la sorella: proprio lì, l’esplosione di cento chili di tritolo a bordo di una Fiat 126 parcheggiata misero fine alla vita del giudice e di Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, i cinque agenti della scorta. Era successo qualcosa che avrebbe, per sempre, inevitabilmente, cambiato e allo stesso tempo sconvolto il nostro Paese.

Sono tante le ombre che gravano sull’attentato a Borsellino, vista anche la vicinanza con quello a Giovanni Falcone, tanto che la Corte d’assise di Caltanissetta l’ha definito come “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”. La scomparsa dell’agenda rossa del giudice con il suo contenuto, ritenuto scottante, hanno alimentato ipotesi e sospetti su depistaggi e occultamenti di verità. Molti i poliziotti, durante le indagini, finiti nel mirino per aver dichiarato il falso e la Procura di Caltanissetta ha aperto un’inchiesta verso l’ex Pm del pool antimafia Gioacchino Natoli e del generale della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, accusati di aver ignorato delle intercettazioni telefoniche contenute nel rapporto.

Tantissime le questioni irrisolte e tantissimi i dubbi che, purtroppo, rimangono solo tali, ma certamente oggi è viva la memoria di un giudice che ha sempre alzato la voce contro la criminalità organizzata. Proprio quest’anno, per la prima prova dell’esame di maturità, il 13,6% degli studenti e delle studentesse ha scelto il testo scritto dal magistrato su Epoca (1992) dal titolo “I giovani, la mia speranza.” Borsellino ha lottato, per gran parte della sua vita, contro un virus che si stava diffondendo nella società di allora; quel virus oggi non è scomparso, probabilmente è più nascosto, segue percorsi più sofisticati, più nascosti e imprevedibili, ma esiste. Esiste e molte persone si impegnano per sconfiggerlo; uno dei volti più noti, ad esempio, è Nicola Gratteri, magistrato che vive dal 1989 sotto scorta e dal 2023 è procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli.

Nel mondo culturale, invece, spicca l’intellettuale Roberto Saviano che vive sotto scorta dal 2006 per le minacce dei Casalesi e proprio qualche giorno fa, il 14 luglio, la Corte d’Appello di Roma ha confermato le condanne al capoclan dei Casalesi Francesco Bidognetti e al suo legale. Sui nostri schermi e su tutti i social sono state pubblicate fotografie e video che ritraevano il volto di Saviano in lacrime, profondamente commosso per una giustizia arrivata 16 anni dopo. Anche la Rai ha rivolto la sua attenzione verso queste vicende, infatti sabato prossimo trasmetterà “I ragazzi delle scorte”, una serie tv che racconta la storia di otto agenti della scorta morti insieme a Giovanni Falcone e a Paolo Borsellino nel 1992.

La lotta contro la mafia continua nonostante le difficoltà. Ricordare Borsellino è necessario perché rimane la bussola da seguire per sconfiggere la criminalità organizzata. Quel suo impegno, per il quale ha perso la vita, deve restare vivo in tutti noi.

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