79 anni del bikini, un classico senza tempo  | Giornale dello Spettacolo
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79 anni del bikini, un classico senza tempo 

Il bikini è stato al centro di una rivoluzione avviata dalle star del cinema negli anni ‘50. Oggi ha perso il valore di resistenza collettiva, ma sicuramente rimane il costume da bagno preferito delle donne.

Fonte: harpersbazaar.com
Fonte: harpersbazaar.com
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6 Luglio 2025 - 11.14 Culture


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di Giada Zona

Era il 5 luglio del 1946 quando il bikini, l’iconico “due pezzi” amatissimo dalle donne e oggetto di discussione tra gli uomini, fa il suo ingresso nel mondo del mercato e segna così un grande cambiamento nell’immaginario collettivo. Proprio in quegli anni faceva le sue prime comparse sul grande schermo, dando così il via ad una vera e propria rivoluzione contro le voci maschiliste che lo hanno sempre giudicato e disprezzato. Non è solo un costume da bagno, ma siamo di fronte ad una questione sociale che assume particolare importanza.

Nato dalla mente di due stilisti francesi, Louis Réard e Jacob Heim, il nome “bikini” non è assolutamente casuale; “bikini” era l’atollo delle Isole Marshall dove gli Stati Uniti, in quel periodo, verificavano gli effetti delle bombe nucleari. Nonostante per le nostre orecchie possa sembrare ambiguo il collegamento tra il costume da bagno e l’atollo delle isole Marshall, per i due stilisti era tutto chiarissimo: il “due pezzi” avrebbe provocato gli stessi sconvolgimenti delle bombe atomiche. E così è stato. Tuttavia il bikini esisteva già da molto prima: il 1946 è l’anno in cui viene lanciata ufficialmente questa bomba atomica sul mercato, ma i mosaici del III secolo d.C. ritraggono giovani sportive in bikini che, però, lo indossavano solamente in occasioni sportive.

Nella società degli anni ‘50, ricca di disuguaglianze di genere e con il patriarcato che viaggiava ad altissima velocità, il bikini non aveva trovato subito fortuna: Spagna, Portogallo, Italia, Belgio e Australia lo avevano proibito e il Vaticano aveva rilasciato dichiarazioni forti e contrarie al bikini. Sicuramente l’atteggiamento di questi Paesi non aiutava, la società del tempo nemmeno, dunque era necessario l’intervento dal basso da parte di quelle donne che volevano mettersi in gioco sfidando un ordine maschilista. Donne visibili e con una grande fama. E infatti quelle donne, che saranno poi ricordate in futuro, sono le più grandi star del cinema.

Tra le più note ricordiamo la bellissima Rita Hayworth, che nel 1946 nel film “Gilda” indossa un bikini così seducente che un soldato, fortemente colpito, ha ritratto l’attrice in bikini su una bomba atomica. E non può mancare la diva per eccellenza, Marilyn Monroe, che nel 1953 indossa un bikini rosso in “Come sposare un milionario”; nello stesso anno anche Brigitte Bardot, all’epoca una splendida ragazza di 19 anni, ha indossato un bikini con stampa floreale sulla spiaggia della Croisette, spiazzando tutto il pubblico del Festival cinematografico di Cannes.

Oggi il bikini continua a godere di un’ottima popolarità, ma probabilmente ha perso il valore culturale e rivoluzionario di un tempo. Diffuso nell’immaginario collettivo grazie ai valori sociali, oggi il bikini incarna valori “social”: sono tantissime le foto di donne in bikini sui social e l’attenzione si è spostata dalla rivoluzione femminile alla ricerca di like e di approvazione. Talvolta troviamo anche delle rappresentazioni eccessivamente spettacolarizzate, come quando le influencers pubblicano foto in costume sulla neve in pieno inverno e, per rendere ancora più surreale la scena, il bikini trova anche l’abbinamento perfetto con i doposci.

Nuovi parametri di valutazione hanno provocato delle ripercussioni sulla rappresentazione del corpo e, dunque, anche sul bikini: sebbene alcune gli attribuiscano un valore di emancipazione femminile e resistente contro giudizi maschilisti, spesso il bikini diventa anche il metro di paragone con altri corpi, provocando anche frustrazione. “Bikini blues” è l’espressione usata dagli psicologi per riferirsi all’ansia che proviamo quando andiamo in spiaggia e mostriamo il nostro corpo, ansia fortemente influenzata dal giudizio degli altri ma anche da autocritiche.

È difficile stabilire se il bikini possa, magari in futuro, rappresentare una resistenza collettiva ma certamente oggi, rispetto agli anni ‘50, il suo valore è profondamente cambiato: c’è chi lo indossa per moda, c’è chi posterà foto in bikini per sfidare giudizi sessisti, altre posteranno foto in costume ma non necessariamente perché guidate da un desiderio sociale e altre ancora lo indosseranno ma rimanendo al di fuori dei riflettori. Oggi il bikini non è più l’espressione trasgressiva e rivoluzionaria di un tempo, ma certamente durante l’estate trova spazio nell’armadio di tutte le donne.

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