di Margherita Degani
Il 19 giugno 2025 è finalmente arrivato nelle sale italiane l’attesissimo Il Maestro e Margherita, nuova trasposizione cinematografica di uno dei romanzi russi più amati del Novecento, destinata – come si capisce fin dalle prime battute- a rivitalizzare il suo precedente italo-jugoslavo del 1972, che vedeva Ugo Tognazzi alle prese con il suo primo ruolo drammatico diretto da Aleksandar Petrović.
La stessa critica lo ha recentemente definito il primo adattamento davvero riuscito del romanzo, nonché il miglior film commerciale realizzato dalla Russia moderna. Sono stati molti i registi che, nel corso del tempo, hanno tentato di interpretare il complesso romanzo a trame intrecciate dell’autore russo; non fanno eccezione nomi quali Roman Polansky, Federico Fellini, Terry Gilliam e Baz Luhrmann. Ma tutti sembravano doversi scontrare con un inevitabile fallimento, accrescendo la fama di opera maledetta che il libro aveva già saputo conquistarsi.
Bulgakov lo scrive infatti tra il 1928 ed il 1940, bruciandone alcune versioni per timore della censura e continuando a modificarlo fino alla sua morte. Tanto che l’originale rimase incompleto, per essere poi concluso dalla terza moglie dello scrittore, Elena Šilovskaja. La pubblicazione avverrà solo molto tempo dopo, tra il 1966 ed il 1967, in tre diversi numeri della rivista Mosca e notevolmente segnato da tagli.
Alla fine dello stesso decennio il romanzo sbarca in Europa, dove ha finalmente la possibilità di circolare nella sua forma integrale e di farsi apprezzare nella sua complessità. Le battute tragicomiche, la sottile ironia dei personaggi strampalati e la potenza della commovente storia d’amore colpiscono un numero sempre maggiore di lettori. Così come sono molte le chiavi interpretative applicabili, che si muovono dall’allegoria mistico-religiosa alla satira sociale e politica, da una una critica disincantata al regime sovietico con i suoi finti intellettuali alla vanità delle immagini e delle informazioni. Purtroppo, tutto questo farà ritorno a pieno titolo, senza tagli, nel luogo che gli aveva dato linfa e vita solo nel 1973.
Ebbene, non possiamo dire che tale profezia sia stata smentita ai giorni nostri: ancora una volta, infatti, Michail Lokšin afferma che la conclusione della sua pellicola è da considerarsi un piccolo miracolo. Il progetto nasce nel 2018, quando ne viene annunciata la regia di Nikolaj Lebedev, che in seguito è affiancato da Michail Lokšin per quanto riguarda la stesura della sceneggiatura stessa.
I lavori non iniziano subito, ma a seguito di alcune complicazioni vengono posticipati al 2021, anno delle riprese tra Mosca, San Pietroburgo e Malta. Già finanziato – in parte grazie a fondi provenienti dal principale ente statale di sostegno e promozione dell’industria cinematografica- ed in fase di post-produzione subisce una ulteriore battuta di arresto allo scoppio della guerra con l’Ucraina. Non solo: a causa delle sanzioni dei Paesi Occidentali perde il sostegno delle collaborazioni europee ed americane già in atto, salutando per sempre il ruolo da distributore affidato alla Universal Pictures e la speranza di terminare il film entro il 2023.
Sconsolato, il regista è costretto ad abbandonare amici e colleghi per rientrare negli USA; il suo sogno ancora incompiuto. “Dentro di me però ero convinto che prima o poi sarebbe uscito”, racconta oggi nelle interviste, e nel 2024 sembra essere esaudito dalla comparsa di un altro distributore, la Luminosity Pictures. Di nuovo, tuttavia, due produttrici coinvolte avviano una complessa causa legale sui diritti che blocca la release del film e la sua proiezione negli Stati Uniti.
A buone ragioni si continua, quindi, a parlare di una storia maledetta. Ma esattamente come il romanzo di Bulgakov ed il manoscritto del Maestro, anche questa pellicola e ciò che racconta non sono destinati a “bruciare”, scomparendo nel nulla. Anzi, potremmo perfino pensare che forse abbiano il potere di ricomparire proprio nel momento storico-culturale più adatto. Lasciamoci allora afferrare da queste immagini potenti di diavoli e gatti parlanti, di streghe e manicomi, di oppressione e speranza a cui Michail Lokšin ha saputo dare forma in un film che si può descrivere in un solo modo: straordinario.