La vita in diretta: da più di tre anni la maratona non stop di Emily su Twitch | Giornale dello Spettacolo
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La vita in diretta: da più di tre anni la maratona non stop di Emily su Twitch

Nel 2021 la streamer ha detto addio alla privacy, così come alle vacanze, agli impegni, pause e malattie. Un possibile caso studio che richiede un intervento immediato.

Fonte: corriere.it
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23 Giugno 2025 - 12.28 Culture


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di Giada Zona

Dormire, mangiare, lavorare, uscire con gli amici o stare in famiglia. Queste sono solo alcune delle attività che accomunano, più o meno, tutti gli esseri umani. Immaginate, però, se tutte queste pratiche quotidiane, e in generale le vostre vite, fossero riprese 24 ore su 24 su un social.

È la storia di Emily, streamer ventottenne originaria di New York, che da novembre 2021 vive in diretta h24 su Twitch, una piattaforma di live streaming dove più trasmetti e più aumenta il tuo profitto, creando così un’interdipendenza tra i gestori dei canali, il pubblico e le regole della piattaforma. 

Le dirette di EmilyCC – questo il suo nickname- sono infinite. Non stop, 24 ore su 24. Solo il bagno è escluso dalle sue live, anche se – come lei stessa ha dichiarato – a volte fa la doccia vestita in live per non interrompere la diretta. 

Da novembre 2021, quando ha iniziato a vivere in diretta, per lei è cambiato tutto. Niente vacanze, pause, malattie e impegni. E anche le debolezze e le fragilità non sono concepite. Si mostra sempre sorridente al suo pubblico e la tristezza è nascosta sotto le coperte. Una scelta di vita molto singolare, discutibile a tratti, e piena di rischi, se pensiamo al fatto che la condivisione di informazioni sensibili, come l’abitazione e le sue abitudini quotidiane, potrebbero provocare terribili conseguenze come è accaduto nel caso dell’influencer messicana Valeria Márquez, uccisa in diretta streaming su TikTok. 

Ci troviamo di fronte a un caso estremo che richiede uno sguardo critico e analitico; al centro di questa storia c’è Emily, sicuramente tra le streamers più emergenti e resistenti. Ma, come lei, anche altri giovani seguono il suo stesso percorso. Perché? I ricavati sono considerevoli: ogni abbonato dona 6 dollari al mese, dunque ogni 1000 abbonati il guadagno è di 6000 dollari lordi. Secondo i dati di Streams Charts – database che analizza i dati delle dirette- infatti, Emily guadagna intorno ai 5mila dollari al mese. Non poco, considerando che vi sono numerose tecniche che permettono di raggiungere un sempre più alto numero di abbonati.

Mettendo però a confronto il beneficio degli incassi e i rischi e le proibizioni che questa vita comporta, viene da chiedersi: perché Emily continui a scegliere di vivere così? La risposta é, in parte, nelle sue stesse parole: “Mi costringe a fare cose che non voglio fare perché voglio che questa trasmissione streaming funzioni. Voglio che funzioni così tanto che non mi interessa più altro.” (nell’articolo di Chiara Galletti sul Corriere della Sera, «Emily da tre anni vive in diretta streaming su Twitch, 24 ore su 24: «Niente sesso né vacanze, non posso interrompere»

Una storia bizzarra, ambigua e peculiare che potrebbe perfino diventare un caso studio. Sarebbero molti gli elementi da indagare: il ruolo della famiglia, degli amici, il rapporto con altre piattaforme, le ripercussioni psicologiche. Un altro elemento da non sottovalutare riguarda gli effetti sul pubblico di Emily, poiché è seguita da moltissime persone che potrebbero giudicarla ma anche ammirarla, rischiando così di riprodurre questi comportamenti che, invece, andrebbero del tutto evitati.

Per non parlare delle ripercussioni psicologiche. Nella sua vita, ormai, non esiste più il confine tra online e offline. I social media – e le tecnologie in generale –  sono diventati ormai inevitabili nelle nostre vite, ma allo stesso tempo non dobbiamo dimenticare che noi utenti possediamo un potere decisionale. Il loro utilizzo non è determinato solo da azioni o convinzioni puramente individuali, ma è un fenomeno che possiamo analizzare anche in una prospettiva più ampia. Forse è davvero arrivato il momento di educare – per davvero – al digitale, per creare maggiore consapevolezza e, magari, costruire un pensiero profondamente critico sull’uso di questi strumenti.

Consapevolezza che Emily chiaramente non ha, non riuscendo più a distinguere che cosa accade nella sua vita privata e che cosa, invece, accade nelle sue dirette su Twitch. Un confine – come detto prima – tra vita vera e vita “in diretta” che non c’è più e che Emily sembra non avere nessun interesse a stabilirlo. 

La scelta di vita di Emily deve sollecitare degli interrogativi: deve essere compresa, analizzata, interpretata e discussa. Anziché cadere in trappole estremamente ottimiste o pessimiste, dovremmo discernere sul ruolo – e sulle libertà – che vogliamo attribuire ai social media nella nostra quotidianità. Una scelta innanzitutto individuale, ma fortemente influenzata da fattori sociali come la scuola, la famiglia e gli amici.

É da storie come questa che si evince la necessità di coinvolgere le istituzioni e far sì che streamers al pari di Emily si accorgano dei rischi e delle conseguenze estremamente negative delle loro attività.

É davvero vita quella in cui si sceglie di vivere di fronte ad una telecamera, di comportarsi in base a ciò che desidera chi ci guarda, senza possibilità di modificare la nostra quotidianità per far piacere agli altri? E noi, come utenti e cittadini, possiamo davvero rimanere indifferenti di fronte all’aumento di fenomeni simili?

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