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65 anni di Psycho: l'horror che rivoluzionò il terrore

Il 16 giugno 1960 Alfred Hitchcock cambiò per sempre il volto del cinema. Oggi rimane, non solo un classico intramontabile, ma una pietra miliare nella storia della settima arte.

65 anni di Psycho: l'horror che rivoluzionò il terrore
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17 Giugno 2025 - 15.03 Culture


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Il 16 giugno 1960 non arrivò nelle sale un semplice film, ma una rivoluzione, un nuovo modo di definire la paura. A 65 anni dal suo debutto in sala, Psycho di Alfred Hitchcock rimane un titolo fondamentale nella storia del cinema. È uno di quei rari film capaci di attraversare epoche, cambiamenti e stravolgimenti della società e dell’industria cinematografica senza perdere un briciolo della propria importanza.

Parlare di Psycho significa sfiorare un patrimonio immenso. Hitchcock realizzò un’opera che rinnovò l’horror, ridefinendo la semantica e il linguaggio. Con il personaggio di Norman Bates e quel motel isolato diventato simbolo stesso della follia, Psycho si è ritagliato una dimensione propria, un classico diverso da tutti gli altri. Il film nasce da un romanzo di Robert Bloch, ispirato alle imprese del serial killer Ed Gein. Hitchcock ne acquistò i diritti a poco prezzo, adattandolo in modo sprezzante con l’aiuto di Joseph Stefano, per poi rivendicare tutto il successo. Ma, in quelle pagine, c’era già ciò che serviva per creare una delle descrizioni più raggelanti e realistiche della follia e della violenza urbana.

Psycho arrivò dopo capolavori come Intrigo internazionale e La donna che visse due volte, ma è forse il film dove Hitchcock cambiò più radicalmente il linguaggio cinematografico. È qui che spinse al massimo la suspence, ingannando lo spettatore, depistandolo e rompendo ogni regola narrativa. Hitchcock non volle essere accomodante: volle stupire, lasciare a bocca aperta, cambiare le regole del gioco.

Anche guardandolo a distanza di anni, è evidente come il film distrugge ogni tabù, reggendosi su contrasti continui: tra alto e basso, luce e ombra. Il bianco e nero – nato da una scelta commerciale per evitare la censura – diventa uno strumento estetico fortissimo, conferendo un’eleganza gotica all’insieme. I primi 50 minuti sono un geniale trabocchetto: seguiamo Marion, interpretata da Janet Leigh, che ruba 40mila dollari e fugge, inseguita dalla tensione e da un poliziotto inquietante, fino ad arrivare a quel motel abbandonato. È lì che incontriamo Norman Bates, interpretato da Anthony Perkins. Apparentemente gentile, si rivela invece una delle figure più disturbanti della storia del cinema. Vive con una madre che in realtà è solo uno spettro nella sua mente, uccisa anni prima in un delirio edipico che ha generato una doppia identità.

Psycho è tra i primi film a parlare della follia omicida in termini psicoanalitici. Hitchcock ne fa un manifesto del rinnovamento dell’horror: un genere che, da lì a pochi anni, vedrà nei serial killer i nuovi protagonisti. Celebra il suo amore per il macabro e l’imprevedibilità, con l’omicidio di Marion come momento chiave: una sequenza violentissima pur senza mostrare l’atto in sé.

È l’evocazione dell’ignoto a generare terrore. Hitchcock non si interessa allo sviluppo lineare della trama o alla costruzione classica dei personaggi. Mira invece a legare lo sguardo dello spettatore a quello della macchina da presa. Dopo 45 minuti elimina la protagonista, e il film cambia completamente pelle. Da thriller diventa horror, e ci lega al destino di Norman. L’indagine di Lila (Vera Miles), sorella di Marion, e di Sam (John Gavin), ci guida verso la verità.

Lo sguardo, tema centrale, domina anche nei tanti specchi disseminati nel film. Sappiamo che il delitto è legato al motel, ma escludiamo Norman senza un motivo razionale. Hitchcock ci porta dentro una quotidianità squallida e familiare, solo per mostrarci quanto orrore possa nascondersi proprio lì. Il focolare domestico viene demolito, la famiglia e la madre perdono ogni aura rassicurante. Nel seminterrato scopriamo il cadavere della vera signora Bates. Gli uccelli impagliati nel motel sembrano vittime di un tempio sacrificale. Hitchcock sottolinea il legame tra eros e violenza, peccato e punizione. Anche gli elementi naturali, come l’acqua, suggeriscono instabilità e caos.

Norman Bates, con quel sorriso furbo e folle, è ancora oggi uno dei villain più influenti del cinema. Psycho ha avuto sequel, uno spin-off, un remake incompreso di Gus Van Sant e persino una serie TV. Fu il più grande successo commerciale di Hitchcock, e una rivoluzione che cambiò per sempre la storia della settima arte. Ma soprattutto, Psycho ci racconta un orrore visivo e sociale, legato a una realtà che – come intuì Hitchcock – si è abituata alla violenza, fino quasi a desiderarla. A 65 anni di distanza, il film rimane più che mai moderno: non solo un classico, ma la prova di quanto il cinema possa colpire in profondità. Perché sì, amiamo avere paura: ci illude di poter esorcizzare il male.

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