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Regno Unito: metà dei giovani vorrebbe un dittatore, un terzo non disdegnerebe un governo militare

Il sondaggio di Craft per Channel 4 parla chiaro: i giovani sono sempre meno favorevoli alla democrazia e la colpa è anche dei social media.

Regno Unito: metà dei giovani vorrebbe un dittatore, un terzo non disdegnerebe un governo militare
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26 Febbraio 2025 - 17.23 Culture


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Secondo uno studio di Craft, più della metà dei giovani inglesi pensa che il Regno Unito «sarebbe un posto migliore se ci fosse un leader forte al potere, che non deve preoccuparsi di elezioni al Parlamento». Si chiama “Gen Z: Trends, Truth and Trust” la ricerca che coinvolge tremila persone fra i 13 e 65 anni e dalla quale emergono tre tendenze principali: il disimpegno democratico, un cambio di rotta nella percezione della discriminazione di genere e una scarsa attenzione all’affidabilità delle fonti. 

Un elemento critico dello studio è il divario generazionale nel sostegno alla democrazia: già un sondaggio del 2022 del think tank Onward mostrava come solo il 72% dei giovani tra i 18 e i 24 anni ritenesse la democrazia un buon sistema di governo, contro al 94% degli over 65. Stando al sondaggio di Craft, invece, più della metà dei giovani fra i 13 e i 27 anni (la Generazione Z) sarebbe favorevole a un dittatore e un terzo non disdegnerebbe un governo militare. 

La disaffezione alla democrazia dei giovani è strettamente correlata all’insoddisfazione per le istituzioni odierne, che non hanno saputo ascoltare le esigenze della nuova generazione o, peggio ancora, hanno adottato misure ostili verso di loro. Dilaga la percezione dell’Occidente come una civiltà in declino e così lo sguardo della Gen Z si volge a nuovi modelli di governance, spesso autoritari.

Alex Mahon, amministratrice delegata di Channel 4, evidenzia come un fattore contribuente a tale cambio dipenda dall’esposizione precoce al mondo polarizzante dei social media, che porta i giovani a non sapere più in quali direzioni muoversi: il 58% dei giovani si informa affidandosi ai post degli amici tanto quanto al giornalismo consolidato, mentre il 42% dei giovani uomini attinge le proprie idee da quelle incerte degli influencer, spesso misogini e razzisti come Andrew Tate. 

Fonti, dunque, diverse, incerte e spesso contradditorie. In conclusione della ricerca vengono presentati tre possibili line d’azione per arginare tali fenomeni: istituire un’etichetta che regolamenti e verifichi i contenuti dei media, evidenziare quelli del Public Service Media (PSM) cosicché siano prominenti nei feed degli utenti e garantire che i modelli linguistici che fanno riscorso all’intelligenza artificiale siano addestrati su fonti affidabili.

Nonostante la gravità dei dati, gli esperti suggeriscono di comprenderne meglio le cause, perché «Il modo in cui la Gen Z impara a giudicare i fatti, la finzione e l’equità – conclude Mahon – potrebbe diventare la questione determinante della nostra epoca».

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