Agrigento, Mattarella: “Cultura non è ammirazione di vestige del passato ma alzare lo sguardo verso il domani” | Giornale dello Spettacolo
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Agrigento, Mattarella: “Cultura non è ammirazione di vestige del passato ma alzare lo sguardo verso il domani”

Agrigento inaugura il 2025 come Capitale della Cultura con il Presidente Mattarella tra entusiasmi e polemiche, con ritardi nei progetti e promesse di riscatto. La città affronta la sfida di trasformare potenzialità e tradizioni in un’eredità duratura.

Agrigento, Mattarella: “Cultura non è ammirazione di vestige del passato ma alzare lo sguardo verso il domani”
Agrigento Capitale della Cultura 2025
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18 Gennaio 2025 - 16.57 Culture


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di Ludovico Conti

“La cultura come il cuore pulsante della società, capace di generare coesione e di affrontare le sfide contemporanee.” così il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in un discorso tutt’altro che banale, oggi ad Agrigento per inaugurare l’anno che vede la città come capitale della Cultura italiana. “Nel 2025 Agrigento non deve essere solo un palcoscenico, ma una sollecitazione per tante altre realtà italiane,” ha dichiarato il Presidente. La cultura, ha sottolineato, non è una condizione statica, ma un “sentiero in costante movimento,” uno strumento per superare le disuguaglianze e favorire un dialogo ampio e inclusivo. L’anno di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025 è stato ufficialmente inaugurato con una cerimonia solenne al Teatro Pirandello, una cornice carica di storia e simbolismo. Tra gli ospiti d’onore spiccavano oltre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Ministro della Cultura Alessandro Giuli, il Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani e altre importanti figure istituzionali. La giornata attesissima ha acceso i riflettori su una città che ambisce a trasformare la propria complessità in motore di rinascita.

Mattarella ha inoltre richiamato il simbolismo dei quattro elementi di Empedocle — fuoco, aria, terra e acqua — rappresentati nel logo di Agrigento Capitale della Cultura, enfatizzando la necessità di ricucire le fratture che minacciano l’equilibrio tra natura e società. L’invito ai cittadini di Agrigento e Lampedusa, “avanguardia della solidarietà,” è stato chiaro: sentirsi protagonisti di un anno straordinario che può ridefinire il futuro del territorio ed essere stimolo per le altre realtà italiane.

Trucco e parrucco per la città: il paradosso della cura straordinaria

In vista della cerimonia, la città è stata sottoposta a un’operazione di restyling last-minute: strade asfaltate in fretta e furia (con soldi richiesti ed ottenuti d’urgenza solo qualche giorno fa), statue ripulite e il Teatro Pirandello messo al riparo dalle infiltrazioni. Gli agrigentini, ironici osservatori di queste trasformazioni, hanno commentato: “Beato Mattarella, se venisse più spesso forse vedremmo la città curata come merita.”

Questo scenario, però, solleva una riflessione più profonda: perché interventi così essenziali arrivano solo in momenti straordinari? Il passaggio del Presidente è diventato metafora di una città che lotta costantemente contro l’immobilismo, trovando solo nella straordinarietà l’occasione di affacciarsi al futuro.

Un programma che sa di déjà vu

Parallelamente, il programma di Agrigento Capitale della Cultura 2025 presentato in conferenza stampa qualche giorno fa ha lasciato molti perplessi. Se gli eventi di punta come il Mandorlo in Fiore, la festa di San Calogero e il Carnevale di Sciacca rappresentano un importante patrimonio di tradizioni locali, altri eventi già calendarizzati precedentemente vengono presentati come legati ad Agrigento Capitale della Cultura, dando la forte sensazione di voler far passare l’ordinario come straordinario.

Mancano ancora segnali concreti sui progetti che avrebbero dovuto caratterizzare gennaio, con ritardi che appaiono sempre più difficili da recuperare. La sensazione, per chi conosce il territorio, è che Agrigento stia faticando a trasformare la retorica di una rinascita culturale in azioni concrete.

Schifani e Micciché: “Una scommessa da vincere”

Il Presidente della Regione Renato Schifani, nel suo intervento, ha parlato di una grande scommessa: “Non possiamo permetterci di perdere, e non la perderemo. Agrigento si apre al mondo, e noi faremo squadra per garantire il successo di questa straordinaria opportunità.” Parole di speranza condivise dal sindaco Francesco Micciché, che ha dichiarato di credere fermamente nel potenziale della città, mettendo da parte le recenti polemiche con il governatore.

Eppure, rimane il quesito: perché opportunità di tale portata devono essere vissute come una scommessa? Perché il territorio fatica a credere davvero in un progetto di trasformazione strutturale e duraturo? Perché vivere questa occasione come una scommessa e non come una realtà?

Agrigento: tra immobilismo e desiderio di rinascita

Agrigento rappresenta un microcosmo delle contraddizioni italiane: un luogo di straordinaria bellezza e valore culturale, soffocato da decenni di incuria e scarsa pianificazione. Il titolo di Capitale della Cultura potrebbe diventare la leva per cambiare questa narrativa, ma solo se gli attori coinvolti sapranno andare oltre i proclami e avviare una reale rigenerazione urbana e culturale.

Come ha ricordato Mattarella, la cultura non è l’ammirazione passiva del passato, ma una spinta a guardare verso il futuro. Agrigento ha davanti a sé un anno per dimostrare che il cambiamento è possibile. La vera sfida non sarà soltanto quella di ospitare eventi e attrarre visitatori, ma di lasciare un’eredità concreta che possa migliorare la vita della sua comunità.

Tra entusiasmi e perplessità, il 2025 si apre come una pagina bianca: Agrigento saprà scrivere una nuova storia o rimarrà intrappolata nei suoi vecchi paradossi?

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