Nel cuore di Roma, presso Palazzo Grazioli, è stata svelata una scoperta che ha acceso i riflettori sul genio artistico di Michelangelo Buonarroti, aprendo nuove prospettive nell’ambito della Storia dell’arte.
Dopo oltre 100 anni di mistero, un team di ricercatori ha finalmente rintracciato il Giudizio Universale di Ginevra, un capolavoro unico nel suo genere, precedentemente sconosciuto per la sua tecnica e per le sue peculiarità, ma che ora, senza ombra di dubbio, viene attribbuito al grande maestro rinascimentale.
L’affresco, olio su tela, rappresenta il Cristo giudice e altre figure celebri della Cappella Sistina, offrendo uno sguardo affascinante nella mente creativa di Michelangelo. La ricerca, protrattasi per oltre otto anni, è stata guidata dalla dottoressa Amel Olivares, rinomata esperta dell’arte rinascimentale, in collaborazione con monsignor José Manuel del Rio Carrasco, studioso di storia dell’arte e conservazione.
Il dipinto, di dimensioni ridotte (96,52 x 81,28 cm), fu donato da Michelangelo al pittore Alessandro Allori, che lo utilizzò come modello per una pala d’altare a Firenze.
L’opera rivela dettagli unici, come un autoritratto di Michelangelo più giovane e un Cristo giudice senza barba, confermando che l’artista originariamente lo concepì così, in netto contrasto sia con le sue rappresentazioni successive, sia con la versione dipinta da Allori, che presenta il Cristo con una folta barba scura.
Inoltre, l’autoritratto di Michelangelo mostra un difetto visivo, uno strabismo, utilizzato dall’artista per creare un effetto di osservazione intensa, una tecnica impiegata anche nelle sue famose sculture come il Mosè e il David.
La ricerca ha anche rivelato altre tecniche distintive, come la creazione di figure incomplete, l’uso del movimento nelle rappresentazioni e l’inserimento di angeli senza ali.
La scoperta del Giudizio Universale di Ginevra ha ampliato le conoscenze sulla pratica artistica di Michelangelo, evidenziando la sua padronanza della tecnica dell’olio su tela, presumibilmente appresa da Sebastiano dal Piombo, suo contemporaneo e amico.
L’opera, soggetta a secoli di cambiamenti di proprietà, è stata sottoposta a rigide analisi scientifiche e restauri accurati, rivelando la sua straordinaria qualità e preservando i vividi colori e la freschezza dei dettagli.