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La fuga dei professionisti: uno su quattro è pronto a 'scappare' all'estero

Londra, Amsterdam, Abu Dhabi: le città più allettanti per i professionisti. Lavorare all’estero è diventata un’opzione per molti professionisti in cerca di nuove opportunità di crescita.

La fuga dei professionisti: uno su quattro è pronto a 'scappare' all'estero
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4 Maggio 2024 - 18.15 Culture


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La globalizzazione, il lavoro remoto e l’avanzamento tecnologico hanno favorito l’apertura di nuove opportunità lavorative. Secondo il rapporto annuale ‘Decoding Global Talent’ del 2024, condotto da Boston Consulting Group (BCG), The Network e The Stepstone Group, il 23% dei professionisti ha attivamente cercato opportunità lavorative all’estero, mentre il 63% si è mostrato interessato a una possibile trasferta internazionale, seppur con un lieve calo rispetto agli anni precedenti.

Questo studio ha coinvolto 150.000 persone provenienti da oltre 180 Paesi, evidenziando un aumento della mobilità attiva rispetto agli anni precedenti. Ad esempio, il 23% degli intervistati si è detto propenso e attivo nella ricerca di un trasferimento, mentre il 21% ha manifestato un interesse più passivo, ma pur sempre aperto a un cambiamento. Infine, il 19% ha considerato la mobilità come un’opzione da prendere in considerazione solo in situazioni estreme.

Quali sono le mete più ambite per i professionisti in cerca di nuove sfide e opportunità lavorative?

Le mete più ambite per i professionisti in cerca di nuove opportunità lavorative vedono l’Australia al vertice della lista, seguita dagli Stati Uniti, dal Canada e dal Regno Unito. Questi Paesi anglofoni e con economie robuste esercitano un fascino irresistibile grazie alle loro prospettive professionali e alla qualità della vita offerta. Tuttavia, non sono gli unici ad attirare l’attenzione: Germania, Svizzera, Giappone e Singapore emergono come destinazioni altrettanto allettanti per i professionisti in cerca di nuove esperienze.

Per quanto riguarda le città più allettanti per i professionisti, Londra continua a detenere il titolo di metropoli più affascinante grazie alla sua diffusa conoscenza della lingua e alla sua vasta rete globale di opportunità. Seguono Amsterdam, Dubai e Abu Dhabi che mantengono un forte appeal. Non mancano però nuove entrate nella top 30, tra cui spiccano Bangkok (17° posto), Chicago (24°) e Atene (27°). New York, giunta al quinto posto, registra un significativo aumento di tre posizioni rispetto al 2020.

Le persone provenienti da Paesi con un surplus di manodopera, legato a tassi di natalità elevati, dimostrano una maggiore propensione alla mobilità rispetto a quelle che vivono in regioni con una forza lavoro in declino. Ad esempio, il 64% dei lavoratori nel Medio Oriente e in Africa è attivamente incline a trasferirsi, mentre le percentuali sono notevolmente più basse in Nord America (16%) ed Europa (10%).

La ricerca di nuove prospettive professionali, oltre il semplice stipendio ma con la possibilità di una maggiore crescita professionale e di apprendimento, è uno dei principali incentivi per valutare un trasferimento all’estero. Le motivazioni sono variegate, spaziando dalla ricerca di migliori opportunità professionali alla ricerca di una migliore qualità della vita complessiva. Le scelte dei lavoratori sono guidate da aspetti della employer value proposition che indirizzano bisogni più emozionali rispetto al passato; infatti, il valore aziendale, come il buon clima lavorativo, lo sviluppo delle competenze e la flessibilità organizzativa sono sempre più influenti, elementi che oggi rivestono una grande importanza, mentre dieci anni fa non erano così significativi.

Dalla volontà di migliorare la propria qualità di vita alla ricerca di nuove prospettive professionali, le motivazioni che spingono i talenti a considerare il trasferimento all’estero sono varie e complesse. I professionisti si aspettano un supporto concreto dai loro futuri datori di lavoro, che vada oltre lo stipendio. Questo include assistenza per l’alloggio, il visto, la ricollocazione e il supporto linguistico. Con una comprensione approfondita di queste dinamiche e un ruolo attivo di governi e istituzioni, la disponibilità alla mobilità dei talenti e la necessità delle aziende di attrarre i migliori possono incontrarsi attraverso strategie efficaci e soddisfacenti per tutte le parti interessate.

L’indagine ha coinvolto un campione significativo di partecipanti italiani, distribuiti in modo equo tra uomini e donne, con varie sfaccettature di istruzione, esperienze lavorative e status abitativo. Risulta che il 15% degli intervistati italiani sia attivamente interessato a lavorare all’estero, un dato in linea con il 17% registrato nel 2018, ma in netto calo rispetto al 57% del 2020, anno segnato dalla pandemia da Covid-19, che ha probabilmente influenzato tale tendenza. Tra i giovani sotto i 30 anni, la percentuale sale al 20%, mentre per coloro con laurea, master o dottorato, arriva al 24%.

La meta preferita per gli italiani rimane la Svizzera, seguita dalla Spagna, che sta guadagnando interesse e surclassando il Regno Unito. Seguono poi Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Australia, Canada, Austria e Olanda. Le ragioni che spingono verso un trasferimento all’estero includono offerte di lavoro concrete (67%) e fattori economici (66%), ma anche il desiderio di migliorare la qualità complessiva della vita (62%) e di crescere personalmente (55%). Al contrario, per coloro che scelgono di restare in Italia, le motivazioni principali includono l’impossibilità di portare con sé familiari o partner (54%), il forte legame affettivo con il Paese (26%) e il costo associato alla ricollocazione (25%). 

L’indagine mette in luce una percezione di complessità burocratica in Italia, soprattutto riguardo ai permessi di soggiorno e ai visti. La struttura fiscale e contributiva risulta particolarmente gravosa per i lavoratori altamente qualificati con compensi elevati, che potrebbero trovare altrove regimi fiscali più vantaggiosi. Anche la lingua rappresenta un ostacolo, dato che l’inglese non è diffusamente parlato come in altri paesi europei, e coloro che aspirano a una carriera internazionale devono farne uso come lingua di comunicazione principale. Nonostante ciò, l’Italia rimane attraente in settori come la moda, il design e la manifattura, ma meno per quelli ad alto contenuto tecnologico. A livello globale, l’Italia si posiziona al 12° posto per attrattività lavorativa complessiva, perdendo una posizione rispetto al 2020.

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