Amara Doukoure: “Musulmano, sono una guida nelle catacombe di San Gennaro e i turisti apprezzano” | Giornale dello Spettacolo
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Amara Doukoure: “Musulmano, sono una guida nelle catacombe di San Gennaro e i turisti apprezzano”

Originario della Costa d’Avorio, Doukoure descrive la sua esperienza nella cooperativa della Paranza del Museo diocesano diffuso di Napoli. E ricorda: “Salire su un barcone di notte fa molta più paura di un accoltellamento”

Amara Doukoure: “Musulmano, sono una guida nelle catacombe di San Gennaro e i turisti apprezzano”
Napoli, le catacombe di San Gennaro nel rione Sanità (foto Gaetano Balestra). Nel riquadro Amara Doukoure e don Antonio Loffredo a “TourismA” 2025 a Firenze (foto Stefano Miliani)
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Stefano Miliani Modifica articolo

26 Aprile 2025 - 17.11


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Amara Doukoure, 34 anni, è originario della Costa d’Avorio, dal 2015 è in Italia e a Napoli fa da guida in due luoghi di estremo fascino, le catacombe di San Gennaro e quelle di San Gaudioso nel Rione Sanità. Non da solo, naturalmente, bensì come membro di un progetto che coinvolge altri giovani della città. Musulmano che racconta due siti di forte pregnanza per la storia cristiana cittadina, accogliente nel sorriso e nello sguardo, Amara Dokoure ha descritto la propria esperienza al recente festival di archeologia “Tourisma 2025” al Palazzo dei Congressi di Firenze, organizzato dalla rivista “Archeologia viva”: in un incontro curato dall’archeologo e professore dell’università di Bari Giuliano Volpe “Archeologia senza frontiere e comunità in trasformazione”.

Amara Doukoure con don Antonio Loffredo a “TourismA” 2025 a Firenze. Foto Stefano Miliani

Nell’incontro fiorentino don Antonio Loffredo, 65enne parroco del quartiere, da sempre impegnato in prima persona in attività di recupero e risveglio sociale con entusiasmo, ha descritto il progetto del Museo diocesano diffuso di Napoli – Mudd che, tramite la cooperativa sociale per giovani “La Paranza”, tiene aperte e fa da guida in più chiese nel centro storico, incluse la Cattedrale e Sant’Aniello a Caponapoli, oltre alle due catacombe. Con una particolarità: l’ingresso è libero, il servizio è proposto come un dono, a sua volta chi vuole dona un’offerta o, meglio ancora, si associa.

Come riporta il sito web del Mudd, si tratta di un progetto dell’arcivescovo don Mimmo Battaglia nato durante la “Giornata mondiale della gioventù” del 2022. Il Museo diocesano diffuso è coordinato dalla Fondazione Napoli C’entro, creata dall’Arcidiocesi nel 2024 e diretta da Vincenzo Porzio,ha come finanziatori la Fondazione con il sud e la Fondazione di Comunità San Gennaro EF, cui si affianca la Regione Campania per sostenere la formazione dei giovani.

Napoli, catacombe di San Gennaro nel rione Sanità. Foto Gaetano Balestra per il Mudd – Museo diocesano diffuso

Dokoure, come è arrivato in Italia?
Ho attraversato il deserto, il mare e nel 2015 sono arrivato in Italia, a Napoli. Nel 2018 ho conosciuto la cooperativa della Paranza e mi sono interessato al progetto. Mi sono chiesto se poteva insegnarmi qualcosa e poteva essere replicata altrove e, dopo essermi posto queste domande, l’ho scelta. Come dice don Antonio, si trattava di capire se dopo aver preso contatto si vuole continuare nel percorso.

Napoli, catacombe di San Gaudioso nel rione Sanità. Foto Gaetano Balestra per il Mudd – Museo diocesano diffuso

Non è una paranza nel senso che spesso colleghiamo il nome a esperienze di malavita bensì è altro.
Esatto, questa è Paranza tutt’altra cosa: è il nome della cooperativa che gestisce le catacombe, di ragazzi che lavorano insieme. A Napoli si dice “la paranza è una danza, la paranza è una barca”, dove stiamo tutti per portare avanti un progetto di gestione del patrimonio culturale e storico del quartiere Sanità con le due catacombe: la più famosa, di San Gennaro, e quella San Gaudioso. In realtà il progetto parte proprio da San Gaudioso che si trova sotto la bellissima chiesa principale del quartiere, Santa Maria della Sanità, con il suo barocco napoletano.

Come è diventato guida?
Ho avuto una fase di formazione, di integrazione, perché, come dice don Antonio, i ragazzi vengono messi insieme, mangiano insieme, per creare un gruppo, un’armonia, e poi possono affrontare le difficoltà. Ho fatto un colloquio con i ragazzi che non mi hanno chiesto se sono cristiano o musulmano, hanno invece visto un ragazzo che potrebbe avere capacità e parla pure francese. Tra le guide ce n’era bisogno, quindi sono stato ricontattato, ho avuto una formazione in francese, in italiano e in inglese e oggi faccio parte delle guide nelle catacombe con visite tutti i giorni dalle 10 alle 17.

Napoli, catacombe di San Gennaro nel rione Sanità. Foto Gaetano Balestra per il Mudd – Museo diocesano diffuso

Si tratta del progetto della Paranza ideato da don Antonio Loffredo, giusto?
Come dice don Antonio, lui ha avuto l’idea, l’arcivescovo l’ha realizzata, i ragazzi l’hanno assunta: è un insieme di intelligenze che porta avanti il progetto, che organizza la visita, il lavoro.

Lei è musulmano: come viene accolto dai napoletani e dai turisti?
Direi che apprezzano molto. Vedono inclusione, integrazione, vedono un mondo unico.

Quale esperienza è fare da guida in un luogo cristiano per una persona che non è cristiana?
Ma io non insegno la religione cristiana. Tra i turisti ci sono persone che la conoscono meglio di me. Io spiego la storia del luogo e del santo patrono San Gennaro, quindi non mi vedo come un musulmano che spiega un fatto cristiano, mi vedo come una persona che si è innamorata di un posto e ha potuto far parte di un gruppo che se ne prende cura perché è bello e i turisti apprezzano che un musulmano apprezzi un luogo cristiano. Arrivano persone anche dal Marocco, dall’Egitto, per loro è un posto turistico.

Napoli, catacombe di San Gaudioso nel rione Sanità. Foto Gaetano Balestra per il Mudd – Museo diocesano diffuso

Come è stato accennato nell’incontro fiorentino, lei ha subito un atto di criminalità, un accoltellamento una notte in città. Cosa è successo?
Siamo nel 2019. Seguivo il corso serale di una scuola dove andavo in bicicletta dopo il lavoro. Tornavo dalla scuola verso casa e attraversavo la via Sanità, che è un po’ più stretta tra auto, pedoni e biciclette quando sono stato assalito. Però per me è come se non fosse successo nulla, se sono sopravvissuto a un viaggio difficile e con paura questo è solo un altro brutto episodio. Mi dico che doveva succedere, fa parte della mia storia e dei miei racconti in futuro.

Salire su un barcone in mare di notte senza sapere se si arriva vivi è più spaventoso?
Sì, è molto più pauroso. Non si vede niente, c’è una barca con un motore che non sai se regge, hai tutta la paura del mondo, è come se uno andasse ad affrontare la morte. Sai che tutti i giorni delle persone muoiono in mare e tu ti imbarchi nella stessa esperienza, la vivi e vedrai se ci riuscirai. La paura è enorme e non si può spiegare: quando la racconti trasmetti emozioni ma per sapere e capire bisogna viverla.

Foto ricavata dal sito web del Mudd – Museo diocesano diffuso di Napoli https://muddnapoli.it/

Il sito del Museo diffuso di Napoli è https://muddnapoli.it/

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