di Antonello Sette
Emanuela Falcetti, come sta vivendo questa interminabile emergenza?
La sto vivendo male. Vede – dice la conduttrice di “Italia sotto inchiesta” rispondendo all’Agenzia SprayNews – io penso che il bene più prezioso sia il tempo. Specie per chi, come me, ha superato i sessanta anni. E questo maledetto virus, al di là della salute e della qualità della vita, il tempo lo sta rubando agli anziani, agli adulti, ai giovani, agli adolescenti, ai bambini. A tutti.
Come trascorre le sue giornate?
In casa o in redazione. Non vado da nessuna altra parte. La notizia di quella che sarebbe diventata una pandemia l’ho fiutata da subito e non l’ho più mollata. Fin dalle prime ricostruzioni fantasiose, dalle tante cretinate che si erano inventati. A partire dalla panzana dell’animale che aveva baciato in bocca un contadino nel mercato di Wuan, con relativo processo per scoprire chi fosse il colpevole, se un serpente, un pipistrello, un topo o una marmotta, rimasta in giro per un’eternità e ripetuta anche nella mia trasmissione. Io quell’intervista, prima o poi, la voglio rimandare in onda. E oggi quegli stessi signori, i virologi che, non tutti certo, ci hanno raccontato frottole a ripetizione, hanno la pretesa di spiegarci quale sarà la nostra salute e la nostra vita, da ora in poi. Io alla pericolosità del Covid ho sempre creduto. Forse, chissà, ero un passo davanti agli altri, ma ho iniziato da subito la mia personale campagna di sensibilizzazione. Ho anticipato il tema delle mascherine, che è poi diventata una mia battaglia. E poi, a cascata, ho insistito su tutte le altre misure di prevenzione: il gel, la misurazione delle temperatura, il distanziamento sociale. In questo, devo riconoscerlo, mi ha sostenuto la Rai. A Saxa Rubra si è scelta e seguita la linea di un’attenzione quasi militare. Non è stato mai consentito a nessuno di abbassare la guardia.
Lei conduce su Radiouno un programma di grande successo, “Italia sotto inchiesta”. Un titolo che fotografa la situazione. Non si salva nessuno, a partire dagli italiani che in estate si sono dati alla pazza gioia?
Io e mio marito non ci siamo mossi da Roma, neppure per un giorno. Educati dalla task force Rai contro il Covid, abbiamo capito che il virus era ancora in agguato e non siamo andati in Sardegna, al mare. Ci hanno preso in giro tutti, ci hanno spernacchiato, come retrogradi e ignorati, ma la nostra scelta controcorrente ci ha, forse, salvato la vita. Siamo rimasti tappati, modello Fukushima.
Che cosa la indigna di più del mondo al tempo della pandemia?
La paura e il dolore che ci stanno intorno. Il dolore di chi racconta la tragedia del distacco da una persona amata, che ti viene strappata per essere portata in un ospedale. La sensazione dell’abbandono, dell’essere in mano a persone, che non sanno dove guardare e che cosa fare, mi terrorizza e addolora, più di ogni altra cosa. E poi la mancanza di coccole, è insopportabile.
Chi sono quelli che non sanno dove guardare?
Quelli chiamati a gestire l’emergenza. Io posso capire la navigazione a vista nel primo lockdown, ma non riesco a smaltire la rabbia per la mancanza di organizzazione in questa seconda ondata. Lo sapevano, lo sapevamo, io non sono andata in vacanza, e questi si sono mossi a settembre, nella più benevola delle ipotesi. Dovevano organizzarsi durante l’estate. Non mi vengano a raccontare il contrario. Non è stato fatto nulla di quello che si doveva: trasporti, scuola, medici, recupero della passata mala gestio della sanità. Le bombole. L’ossigeno c’è. Mancano le bombole. Come mai le bombole non ci sono? La gente è disperata al punto che, in molte zone d’Italia, è costretta a ricorrere al mercato nero per averne una a disposizione. Dove stanno questi organizzatori? Perché io non sono andata in vacanza, mentre loro si sono permessi di non organizzare, come avrebbero dovuto? Loro, evidentemente, in vacanza ci sono andati, almeno con la mente e la voglia, questa sì, di organizzarla. Io avverto un dolore, che non mi abbandona mai, per le persone che sono morte, per quelle che sono state male, per quelle che hanno avuto paura. Io lo Io sento in giro l’odore della paura. La paura di cadere nel vortice e avere la sensazione che non sia stato fatto di tutto per evitarlo. Io questo non lo posso perdonare. Questa è la mia rabbia. Abbiamo perso da marzo il sonno Amedeo e io. Certo, perdere il sonno non è niente, rispetto a chi ha perso la vita.
I negazionisti la indignano?
Tanto e sono dappertutto. L’altro giorno, dopo tanto tempo, sono andata al ristorante ed è stato deprimente. Nessuno che si rialzava la mascherina fra un pietanza l’altra e tutti ad abbracciarsi a viso scoperto per festeggiare un compleanno. Non hanno capito.
E chi del negazionismo ne fa un teorema da vendere un tanto a share?
Ieri ho mandato in onda il sonoro della manifestazione delle partite Iva, che sono particolarmente colpite dalle chiusure per la pandemia. Ebbene, a un certo punto della registrazione, si sente bene quando hanno mandato a quel paese i negazionisti e li hanno allontanati dalla manifestazione. Basta sceneggiate. Tu la mascherina te la togli a casa tua. Fuori no. Vuoi dire che la terra è piatta e che tuo nonno in carriola guarda solo Guerre Stellari. Benissimo. Ma ti metti la mascherina. Non ti avvicini. Non fai assembramento. So bene che, dicendo queste cose, perdo ascolto, ma io non devo essere simpatica a tutti i costi. Non è più tempo di giocare sulla nostra pelle. Questo virus è un fetente, un vigliacco, va a colpire le nostre debolezze. Le debolezze di tutti. Annienta le nostre fragilità. E, in una società, dove si arriva a pagare più del sessanta per cento di tasse, tutte le persone fragili dovrebbero essere aiutate. Tutti dovrebbero avere gli stessi diritto e sentirsi uguali almeno davanti al Covid. Dove sono finiti i soldi delle nostre tasse? Perché in questo Paese c’è ancora chi, per avere a disposizione una bombola per l’ossigeno, è costretto a procurarsela al mercato nero, dai bagarini della vita? Qualcun me lo dovrà pur dire.