di Daniela Amenta
Giancarlo Susanna era nato a Brescia. E di questo, di queste origini nordiche, andava orgoglioso. Un tratto distintivo ma discreto, come un patentino nella Roma caciarona del rock degli anni 80 che ha attraversato con un garbo e una sapienza unici. Era nato il 2 gennaio del 1951 e se n’è andato l’altro ieri vinto da una malattia che alla fine gli impediva perfino di scrivere un post su Facebook. Da tempo si era ritirato a vivere a Castelnuovo di Porto. Giancarlo è stato una delle grandi penne del rock, e ne è stato la voce nella Stereonotte (ben tredici edizioni) e nel Notturno di Pierluigi Tabasso, quando la Rai ti faceva rimanere sveglio davanti a una radiolina. Veniva da Radio Blu, quella che era stata l’emittente del Pci, grandissima palestra, dove si alternavano professionisti eccelsi, da De Cataldo in poi. Anche Giancarlo era cresciuto con il mito della radio: ascoltava Arbore e Massarini, sognava. Collezionava letture importanti, la letteratura americana soprattutto, e musica, una cattedrale di suoni: il folk britannico, il grande cantautorato italiano, il rock a stelle e strisce, la west coast, l’Irlanda, i Beatles. Giancarlo con i suoi modi sempre educati, laterali, ombrosi era onnivoro, colto e curioso. Per davvero.
Ha scritto libri su Neil Young, su Jeff e Tim Buckley (ben tre), su Fred Buscaglione, sui Csi, sulla musica celtica e sui R.E.M. (quest’ultimo in compagnia di Jano Chiapparini). Non troverete mai un refuso: era paziente e cavilloso, perfezionista. Non era facile lavorarci ma era impossibile non volergli bene. Perché Giancarlo sapeva di cosa diceva, scriveva, e dagli altri non ammetteva cialtronerie. Era l’unico lasciapassare, indispensabile, per entrare nel suo mondo prezioso e solitario. Per me che scrivo Giancarlo è stato un fratello e una scuola. Mucchio, Stereonotte, Notturno, Fare Musica, Italia Radio sempre assieme. E poi Radio Città Futura. Lui responsabile artistico che mi volle di nuovo al microfono, quando pensavo di non volerne più sapere di mixer, pre ascolti, cuffie.
Giancarlo Susanna ha detto, ha scritto cose importanti, è stato la traccia ritmica e sonora di almeno tre generazioni su Audioreview, su Chitarre, su l’Unità ma anche, con la stessa formidabile sapienza, su minuscole fanzine. Lui, nato sotto il segno del Capricorno, ha raccontato la musica con una pazienza colta e certosina. Un intellettuale rock. A un certo punto avrebbe potuto sedere sugli allori e invece non ha mai smesso di ascoltare, cercare, anche piccoli gruppi, minuscoli cantautori. Era come un talent scout, orecchie grandi, cuore grande, sempre curioso. Ci sono sue interviste passate alla storia: una bellissima, a Ivano Fossati, un’altra a Steve Wynn dei Dream Syndicate che gli fu amico vero. Con lui perdiamo una bussola nel grande mare dei suoni. E chiedo scusa se ancora ho ricordi privati da dire: lui accanto a me, mano nella mano, nella prima edizione del Notturno di Tabasso mentre mi tremava la voce, le pastarelle nel cambio turno a Stereonotte, tutti i dischi ascoltati assieme, i miliardi di aneddoti, le trasferte, i concerti e poi il vuoto, l’assenza, la distanza. Ho un’ultima immagine: Giancarlo con un vinile in una busta di plastica e un libro in tasca. Tra Grace di Jeff Buckley e una poesia di Sylvia Plath. Buon viaggio Gianca.