Un libro che racconta un percorso lungo cinquant’anni attraverso episodi e personaggi che l’autore e critico musicale per globalist.it ha frequentato. Il libro «Cose dell’altro suono» di Giordano Casiraghi (Arcana edizioni, 336 pag. 25 €), contiene dieci capitoli scanditi dall’anno di appartenenza.
Si inizia con «1952. Anteprima Jazz con la Milan College Jazz Society» e si prosegue con «1957. Nasce il rock italiano», quindi «1965. I favolosi Beatles in Italia», «1968. Il marziano Jimi Hendrix arriva in Italia», «1971. Il volo magico di Claudio Rocchi», «1977. Avanguardia e provocazione, l’arte di John Cage», «1979. Ribelle a tre voci, Demetrio Stratos», «1981. Alla ricerca della luce, Karlheinz Stockhausen», «1987. Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti, lo dice Freak Antoni», «1998. Gli altri suoni di Franco Battiato, da «Fetus» a «Gommalacca».
Ogni capitolo del libro è corredato da materiale fotografico, in qualche caso inedito, dei fotografi Fabio Emilio Simion, Fabio Treves, Fabio Minotti, Germano Casone, Attilio Tripodi. La copertina è ideata da Polystudio di Francesco Messina, lo stesso che ha curato la gran parte delle copertine dischi di Battiato.
Ricco di contributi e testimonianze, abbiamo ripreso quella di Claudio Rocchi a proposito del concerto di Jimi Hendrix a Milano: «Quanti concerti ho visto in quel posto, nel locale dove poi è si è insediata la Triennale. Ricordo i Procol Harum, ma il grande evento da incorniciare è quello che riguarda Jimi Hendrix. Quel 23 maggio 1968 al concerto serale ci siamo presentati in quattro, con me c’era Lorenzo Vassallo e due ragazze. Una delle due è venuta con un preciso obiettivo: andare a letto con Jimi Hendrix. Si tratta di Ines Curatolo, mentre la sua amica si chiamava Liz, una biondina inglese. Le due ragazze erano più grandi di noi, con idee precise, ma anche noi eravamo ben sintonizzati sulla musica, coi capelli lunghi. Ines Curatolo conosceva bene l’Equipe 84, io suonavo già con gli Stormy Six. Il concerto di Hendrix me lo ricordo bene, erano in tre, hanno aperto con The Wind Cries Mary, avranno suonato non più di quaranta minuti, notai dei proto fumi che non avevo mai visto. Hendrix aveva una sua security, così finito il concerto abbiamo cercato di entrare nei camerini, ma ci hanno fermato e solo le due ragazze sono state lasciate passare. Le abbiamo aspettate fuori come due cretini, in meno di un’ora sono uscite, Ines aveva in mano la camicia di Hendrix, con merletti, di stile vittoriano. Quella camicia è finita nella collezione di Lorenzo Vassallo».
Altro capitolo, tra i più interessanti, quello dedicato a Freak Antoni che si apre con la testimonianza di Silvia Annicchiarico. Sarà lei a curare il servizio di «L’Altra Domenica» dove gli Skiantos esordirono in televisione: «Certo che mi ricordo. Il regista del servizio è Maurizio Nichetti che era nella mia stessa scuola elementare, sono io che l’ho presentato a Renzo Arbore. A L’altra domenica, Nichetti inventa servizi facendo incursioni non annunciate come GASAD, ovvero Gruppi A Sinistra de L’altra domenica. Una volta Nichetti, che già lavorava nell’ambito dei fumetti, mostra in trasmissione un Berlinguer a cartoni animati. Per conquistare elettori tra il il pubblico dei giovani Berlinguer partecipava a un provino per diventare il protagonista di La febbre del sabato sera. Tornando agli Skiantos, si vede Nichetti che annuncia il servizio, poi io, davanti a uno specchio dove si riflette il pubblico che sta entrando a teatro, introduco gli Skiantos. A seguire, intervisto Freak Antoni che sta scendendo dalle scale con in testa un vaso da notte bianco. Durante l’esibizione, dove Antoni canta Largo all’avanguardia pubblico di merda, uno di loro rovescia sul pubblico un cesto di ortaggi e frutta. Una provocazione subito raccolta, infatti il pubblico rilancia tutto sul palco, io stessa tra il pubblico partecipo a questo lancio di ortaggi. Ricordo che il servizio televisivo era anche più lungo, una delle scene tagliate mi vedeva raggomitolata nella grancassa della batteria mentre il gruppo suonava. Di sicuro so che a Renzo Arbore piacevano tanto».