Marco Buttafuoco
A pochi giorni dalla scomparsa di Lyle Mays occorre registrare un altro lutto, particolarmente doloroso, per la comunità jazzistica internazionale. È mancato ieri a Oslo , città dove era anche nato nel marzo del 1943, il batterista e percussionista Jon Christensen, un musicista eclettico, a suo agio nelle più diverse situazioni improvvisative.
La sua morte era già stata annunciata pochi giorni fa, proprio in coincidenza con quella di Lyle Mays, ma era solo una voce, rapidamente Si sapeva però che era molto malato.
A dare la notizia è stata oggi la ECM, l’etichetta tedesca per la quale incise moltissimi dischi a fianco di partner del calibro di Jan Garbarek, Ralph Towner, Bobo Stenson ed Enrico Rava. Con il trombettista italiano incise anche, nel 1993, “Rava, L’Opera Va”, per la Label Bleu, dedicato a una rivisitazione, in chiave jazzistica, del patrimonio del melodramma italiano. Fra i musicisti italiani con cui ha collaborato possiamo ricordare Rita Marcotulli e Paolo Fresu, che ha pubblicato oggi un ricordo commosso dell’amico.
La sua fama è dovuta tuttavia al mitico ( un aggettivo non esagerato per molti appassionati) quartetto europeo di Keith Jarrett, in cui suonarono Jan Garbarek e il bassista norvegese Palle Danielson, un compagno fedele di Christensen, suo partner in centinaia di incisioni. Era una musica, quella del gruppo, cristallina, romantica, un jazz aperto a scenari di musica contemporanea, capace di laceranti accensioni melodiche e di grande creatività ritmica. Come tutte le formazioni importanti suscitarono amori intensi e odi furibondi. Il primo disco “Belonging” uscì nel 1974, l’ultimo “Nude Ants, nel 1979. In mezzo, nel 1977, il bellissimo “My Song”. Poi l’ensemble si sciolse, conscio di aver esaurito la sua vena creativa. Tutti i suoi dischi, incluse alcune incisioni successive che non aggiunsero niente alla storia del gruppo, uscirono, naturalmente, per ECM.