Gianni Morandi fece partire un traversone dalla fascia destra, era un pallone teso, altissimo, imprendibile per tutti. Lucio Battisti giocava da attaccante e in quel momento si trovava proprio di fronte alla porta avversaria, seguì la palla con lo sguardo e quando gli passò in perpendicolare sulla testa, più per un riflesso condizionato che per un gesto atletico, si alzò sulle punte dei piedi senza mai sollevarsi da terra per cercare di intercettarla con la testa senza ovviamente riuscirci.
Un movimento da ballerino classico, più che da calciatore o aspirante tale che suscitò l’ìlarità dalle tribune dei 10 mila spettatori presenti all’Arena Civica di Milano che scoppiarono in una fragorosa risata. La scena fece ridere pure quelli che erano in campo, come ricorderà più tardi Mogol, amico e compagno di scrittura e avventure di vita del grande Lucio, anche se sapevano benissimo che quella era la prima volta che Battisti, metteva gli scarpini ai piedi.
Ottobre 1975, con un liscio di uno degli autori più grandi del panorama musicale italiano nasce la Nazionale Italiana Cantanti, o meglio il gruppo di artisti appassionati di calcio da ci poi nacque quella nazionale che ufficialmente dal 30 maggio 81 a oggi ha disputato 530 incontri con oltre 28 milioni di spettatori superando i 90 milioni di euro di donazioni.
Ma quella prima volta in campo, è rimasta nella storia dello spettacolo, e una foto ritrovata ce la racconta nel modo migliore, riportando all’attenzione generale, volti e canzoni di personaggi che hanno scritto pagine importanti del pop tricolore e che in maglietta e calzoncini e quelle capigliature esageratamente folte (ma che in quel periodo erano di gran moda al pari dei pantaloni a zampa d’elefante e le camicie coi collettoni), ci appaiono più umani, più vicini a noi, che il calcio lo amiamo come amiamo la loro musica.
Eccoli allora i nostri eroi in posa stile squadra di calcio. Il primo in piedi da sinistra è Gian Pieretti, quello di “Pietre” il primo beatnik d’Italia con il brano icona di una generazione “Il vento dell’Est”, poi in tuta (giocava in porta) Claudio Baglioni, il “passerotto” dei recenti trionfi sanremesi col capello cotonato alla “Libera e bella” ma senza quei pesanti occhialoni da intellettuale suggeritigli dalla sua press agent Donatella Raffai (futura conduttrice di Chi l’ha visto?) che gli erano valsi il soprannome di “Agonia”. Claudio, fresco vincitore del Festivalbar con “E tu” sta per uscire con “Sabato pomeriggio” e Mogol che gli è accanto, gli ha messo la mano sulla spalla in segno di amicizia e di stima. Sandro Giacobbe, belloccio da copertina dei periodici per ragazzine, guarda in terra, probabilmente sta cercando le chiavi della casa della “Signora mia” che estenuata dalla corte, gliele ha lanciate dalla finestra.
Poi una coppia di attaccanti unici, Battisti, che il calcio lo pratica poco e tifa Lazio sulla scia del padre Alfiero e Morandi che il calcio lo pratica assai e tifa calorosamente Bologna. Sono le star della squadra, i gemelli del gol Pulici e Graziani, i Chinaglia e Garlaschelli con lo scudetto sul petto dei cantanti, i più amati insomma, non certo per i gol, ma per le loro canzoni.
Il primo degli accosciati è Oscar Prudente, autore per tanti (“Frutta candita” per il Gianni nazionale) e cantautore in forza alla “Numero uno” etichetta creata da Mogol e Lucio, poi l’unico precisino del gruppo, non a caso è un discografico che di solito veste in giacca e cravatta il cui nome dirà poco ai più, Federico Monti Arduini, ma se lo citiamo col nome d’arte che aveva scelto per passare dall’altra parte della barricata in sala d’incisione, qualcuno ricorderà: il Guardiano del faro, che col suo moog ha sfornato un brano che ha dominato le classifiche e vinto il Disco per l’Estate “Amore grane, amore libero” un lento da mattonella strepitoso che smuoverà anche gli animi dei più impegnati in quegli anni di piombo.
Segue Fausto Leali. Il “negro bianco” della canzone italiana come ancora viene chiamato, in questo periodo sta lavorando con Mogol ed ha appena realizzato con lui un 33 giri (oggi si chiamerebbe un CD) dal titolo “Amore amaro, amore dolce, amore mio”. Dopo di lui Paki leader dei Nuovi Angeli, quelli di “Donna felicità”, “Singapore , “Color cioccolata” successi dal facile ascolto e dal successo popolare e Tony Cicco, il frontman napoletano della Formula 3, la band che accompagnava Battisti nelle esibizioni.
Arbitro d’eccezione della partita che i cantanti giocarono contro una formazione composta da attori e registi in cui giocavano tra gli altri Ugo Tognazzi, Franco Nero, Enrico Montesano, Philippe Leroy, Sandro Mazzola, icona del calcio italiano, il Baffo nerazzurro immortalato dal fotografo con la tuta dell’ Inter con la stella sul petto dei dieci scudetti, la stessa che in quegli anni indossava da capitano. A Milano, in quella sera umida di ottobre, dovevano esserci anche Pier Paolo Pasolini e Ninetto Davoli, ma il loro aereo venne bloccato a Roma da uno sciopero dell’ Alitalia (primo di una lunga serie..), con disappunto di Pasolini, grande appassionato di calcio che a Enzo Biagi che lo aveva intervistato qualche tempo prima per La Stampa, aveva detto: «Senza cinema e senza scrivere, mi sarebbe piaciuto diventare un bravo calciatore, perché dopo la letteratura l’ eros per me è il football uno dei grandi piaceri».
Per la cronaca la partita contro la squadra degli attori e dei registi finì 1 a 1, gol di Don Backy (entrato nella ripresa) a cui rispose Franco Nero. Ma chi c’era quel giorno ricorderà per sempre il liscio di Battisti.