Chi l’avrebbe mai detto: dopo grande e piccolo schermo, anche il mondo della musica ha deciso di raccontare la vita di Steve Jobs, il fondatore della Apple, attraverso un’opera lirica.
Un debutto di alto profilo: la Santa Fe Opera, dove “The (R)evolution” andrà in scena fino a fine agosto, è un importante festival internazionale che ogni estate porta gli appassionati della musica in un grande teatro all’aperto incastonato nel deserto a nord della capitale del New Mexico. Sulle note del compositore Mason Bates, il libretto con il premio Pulitzer Mark Campbell e la produzione con protagonista il baritono Edward Parks.
Sul palco, oltre a Parks, sono saliti Garret Sorenson nei panni del primo socio Steve Woznieck e la mezzosoprano Sacha Cook in quelli della moglie di Steve, Laurene Powell Jobs. Il marchio della mela col morso non viene mai menzionato nel corso dell’opera che corre avanti e indietro tra episodi della vita di Jobs: in una scena il lancio dell’iPhone al MacWorld del 2007, in un’altra nel 1974 lui e la ragazza di allora che si fanno di acido, poi si passa al 1980 al quartier generale dell’azienda in una strigliata contropelo dei dipendenti.
Il garage, dove il mito è nato, è il filo conduttore. Hanno anche sostanzialmente trasformato la biografia di un personaggio a detta di molti insopportabile dalla nascita nel 1955 alla morte nel 2011 in una versione sdolcinata: un brav’uomo che si perde lungo la strada ma ritrova il baricentro alla fine, redento dall’amore della pazientissima Laurene.
Prima che cali il sipario Laurene propone che la versione operistica e sostanzialmente melensa di “Steve Jobs 2.0” avrebbe detto dei suoi amati iPhone: “Comprateli, ma non passateci sopra tutta la vita”.