Nood Aronson e il suo originale mix di rap e rock

Dopo le prime farfalle nello stomaco per il rap americano e quello italiano degli anni Novanta e Duemila, Aronson decide di creare uno stile tutto suo.

Nood Aronson e il suo originale mix di rap e rock
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3 Giugno 2016 - 14.43


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di Giulia Zuddas

Si parla di rap e subito si ramificano due prospettive. C’è chi lo trova immediato, efficace, e chi troppo caotico, poco intuitivo. A sposarlo sono soprattutto gli under 30, i quali ci si rispecchiano grazie al suo stile diretto, veloce. Ma c’è un’alternativa che può forse far avvicinare anche gli amanti del rock. Ad offrirla, il musicista Lucio Marcialis, in arte Nood Aronson. Classe 1991, cagliaritano, e una forte passione per il rap che nasce a quattordici anni.

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Dopo le prime farfalle nello stomaco per il rap americano e un successivo approccio a quello italiano degli anni Novanta e Duemila, Aronson decide di creare uno stile tutto suo. E per farlo, accosta due sonorità abbastanza diverse tra loro: il rap e il rock. Il terreno di gioco è il suo disco di esordio “Essere o divenire”, uscito da due mesi con l’etichetta ThisPlayMusic2.0, che già dal titolo lascia intendere lo sviluppo di una dialettica interna sia sul piano dei contenuti che a livello di suono.

L’album nasce da una miscela di sfogo e di ricerca del benessere, ma lo fa in modo ordinato. La prima parte, quella articolata nelle fasi del divenire, mette in scena un mood cupo, una forte impronta hardcore, che lascia poco spazio alla morbidezza formale. In antitesi, la seconda metà delle tracce è più orientata verso un suono meno pragmatico, un rap più classico, specchio di un benessere raggiunto. Un essere ritrovato, come il pezzo che simbolicamente chiude infatti il disco.

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Ma dove sta la differenza? Certo, sonorità rap affiancate al rock si sono già sentite. Basti pensare al primo disco di Salmo, o allo stracliccato J-Ax. In Essere o divenire, però, l’influenza rock si fa diversa, come nel brano “Restiamo vivi” dove l’intro e il ritornello, essendo cantati, si avvicinano molto a quelle sonorità hard rock che danno un’impronta originale all’album. Proprio Restiamo vivi, (prodotto con la band Helushka) il cui video è stato girato nel pittoresco paese dell’oristanese San Salvatore e nei boschi di San Sperate, rappresenta un po’ il marchio di fabbrica di Aronson. Marchio che si affianca ad altre scelte. L’album spazia, infatti, dal rap più classico -come quello del primo video “Essere o divenire” prodotto da Kennedy- passando per l’influenza elettronica di dj Pole. In un’epoca in cui a farla da padrona sono la trap e l’uso dell’autotune, la differenza si sente.

Una scelta molto originale, insomma, che si propone di creare una alternativa per chi vuole osare accostando tra loro più generi. E’ possibile sfondare nel mondo del rap anche senza passare attraverso i talent show? Certo, perché la meritocrazia nel web è tanta. A pagare, oltre che la bravura, è soprattutto l’originalità. E Aronson, finora, è sulla strada giusta.

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