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AlefBa: la convivenza attraverso l’armonia delle note

Il progetto musicale sarà questa sera al teatro Argentina di Roma, nell’ambito del RomaEuropa Festival nasce dagli opposti.

AlefBa: la convivenza attraverso l’armonia delle note
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8 Ottobre 2015 - 16.05


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“Per dare un’idea di cos’è AlefBa posso partire da dov’è nato, dalle strade del Cairo, una città frenetica in cui mi sono immerso completamente, incontrando musicisti eccezionali per poi rifugiarmi nel deserto del Sinai con uno di loro, in un posto remoto, e riprendere a suonare lì, avvolto dal silenzio”. Per Fabrizio Cassol, musicista fecondo e infaticabile esploratore di culture, il progetto che porterà questa sera al teatro Argentina di Roma, nell’ambito del RomaEuropa Festival, nasce dagli opposti, “differenze che si integrano, che portano armonia”. Un esercizio difficile che – ha raccontato a Redattore Sociale – “comporta una continua ricerca di equilibrio, come suggerisce il nome: un vecchio detto dice infatti che gli arabi vanno d’accordo solo fino alle prime due lettere dell’alfabeto, alef e ba, mentre dalla terza in poi iniziano i problemi”. AlefBa è insomma un progetto complesso, che gioca su opposizioni e confini, riunendo undici musicisti provenienti da sette paesi, in gran parte mediorientali e “mostrando dal palco come le differenze possono convivere in modo dinamico e vitale, anzi devono farlo, perché il nostro futuro è sempre più meticcio”.

Cassol, cinquantenne belga di famiglia italiana, ha la ricerca musicale nel sangue. “Sono 25 anni che viaggio nei cinque continenti”, racconta con leggero accento francese, “e posso dire che far incontrare culture è la mia missione”. AlefBa arriva dopo Coup Fatal, portato in scena a Roma nel 2014, in cui il sassofonista radunava tredici musicisti congolesi, mescolando sonorità africane e musica barocca, e dopo incursioni nella musica indiana, nella tradizione del Mali, nella sperimentazione jazz. “Alcuni anni fa ero artista residente presso la fondazione Royaumont, alle porte di Parigi e volevo dare voce al mondo arabo, un desiderio che le primavere del 2011 hanno accelerato bruscamente”. In due anni Cassol incontra e ascolta decine di musicisti, scegliendone poi undici. “Con ognuno ho passato del tempo, cercando quella connessione fra vita e musica che è poi diventata fortissima quando ci siamo trovati tutti insieme”.

Gli echi di piazza Tahrir e i suoni martellanti dei bombardamenti di Aleppo entrano prepotentemente in AlefBa. “Oltre ad essere musicisti di valore inestimabile, i membri del progetto sono anche siriani di Aleppo, egiziani… e se durante le prove di solito si tiene il telefono spento, io ho invitato tutti a rimanere collegati con famigliari e amici, per avere aggiornamenti continui da casa”. Moustapha Said, cantante e suonatore di oud, ha perso sei amici al Cairo in una sola settimana di repressione. Una sofferenza che ha messo radici nella musica dell’ensemble, “trasformandosi in un requiem a sei voci, capace però di sfociare in ritmi gioiosi, di alternare meditazione e energia travolgente”. Oltre a Said, musicista non vedente e fra i più grandi virtuosi di oud, di AlefBa fanno parte il violinista rom belga Tcha Limberger, il maestro di darbuka, tamburo arabo-ottomano, Misirli Ahmet, il flautista ivoriano-guadalupegno Magic Malik e la sezione ritmica degli Aka Moon, formazione storica di Cassol. Il risultato è un dialogo fra sonorità arabe, con incursioni nella tradizione mistica sufi, jazz elettrico e canto polifonico. Un tessuto di suoni su cui si innestano canzoni in più lingue dedicate all’amore, alla vita, al rapporto con la natura e anche una “rivisitazione di brani dell’Inferno di Dante, le cui immagini pescano a piene mani nella tradizione araba”.

Dal debutto nell’estate 2013, gli AlefBa hanno fatto poche date, diluite nel tempo, “perché ognuno ha i suoi progetti personali” e anche perché, sottolinea Cassol, “negli ultimi anni muoversi è diventato sempre più difficile, gli stati occidentali fanno fatica a dare un visto anche a musicisti affermati, che viaggiano per lavoro e così c’è sempre questo timore di fondo: arriveranno tutti? Ma noi andiamo avanti”. Fare musica, per l’artista, ha un valore politico, “ma in un senso alto, di impegno per la collettività e il mio tentativo è soprattutto quello di dare valore all’altro, riconoscendo però che siamo tutti uguali, capaci di emozionarci e comunicare attraverso la musica”. La differenza culturale, secondo Cassol, “non deve farci paura, dobbiamo anzi accettarla anche se non la capiamo: un po’ come quando, da piccolo, venivo in Italia in vacanza con mia madre, a trovare i nonni… Mi portava nei musei, mi metteva di fronte a sculture e dipinti e mi diceva di stare lì e accogliere quella bellezza, senza filtro”. La ricetta di Cassol e dei suoi AlefBa è dunque quella dell’incontro, del riconoscersi parte di un unico universo e dell’accettare la differenza. “Arrivando in Francia di recente, ho aperto la TV e sentito che si facevano problemi per 40mila rifugiati, quando i comuni dell’esagono sono 36mila! Una chiusura dell’Europa che è segno di ignoranza e che, se non cambiamo rotta, prosciugherà la creatività del vecchio continente, che si nutre del rapporto con l’altro”.

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