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Musica da amare: le nozze di smeraldo dei Solisti Veneti

Incontro con il maestro Claudio Scimone, che porta avanti dal 1959 una delle realtà più longeve del panorama musicale mondiale.

Musica da amare: le nozze di smeraldo dei Solisti Veneti
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31 Marzo 2015 - 13.32


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“I solisti veneti” nel 2014 hanno raggiunto il traguardo dei 55 anni di attività e, se parlassimo di un matrimonio, avrebbero festeggiato le nozze di smeraldo. La formazione, fondata nel 1959 dal maestro Claudio Scimone, è una delle più longeve nel panorama musicale italiano e internazionale: in un mondo che va a doppia velocità e dove la musica si consuma sempre più frettolosamente, l’orchestra è riuscita a superare il mezzo secolo di vita, valicando i confini del Veneto e facendosi conoscere attraverso più di 6000 concerti tenuti in oltre 90 paesi e partecipando ai più importanti festival internazionali, con una produzione discografica che conta ad oggi più di 350 titoli.

“Quando abbiamo cominciato la nostra attività – ha ricordato il maestro Scimone – i nostri ideali e i nostri obiettivi di giovani studenti appena diplomati al conservatorio erano quelli di far conoscere la musica, attraverso un repertorio di autori esclusivamente italiani. Siamo stati i primi a suonare ad esempio opere inedite di autori come Vivaldi, Tomaso Albinoni, Gioacchino Rossini o la registrazione dell’opera omnia di Giuseppe Tartini: certamente quando abbiamo iniziato a suonare non ci saremmo mai potuti aspettare l’incredibile successo che abbiamo ottenuto”.

Innumerevoli sono stati, infatti, nei 55 anni di carriera i premi e i riconoscimenti che “I Solisti Veneti” e il loro fondatore hanno ottenuto a livello nazionale e internazionale: dal Premio Grammy di Los Angeles, ai numerosi Grand Prix du disque dell’Académie Charles Cros di Parigi, passando per il riconoscimento assegnato dall’Académie du Disque Lyrique, oltre a quelli assegnati dalla critica discografica in Italia e in altri Paesi.

La produzione musicale de “I solisti veneti” si è subito contraddistinta fin dalle prime performance, perché l’orchestra ha reso contemporanee le opere del passato: immaginare e pensare come se i grandi compositori stessero scrivendo ai nostri giorni. “Abbiamo impostato la nostra carriera proprio sulla ricerca della vera identità dei musicisti di cui suoniamo le opere e abbiamo scoperto che questa identità era molto moderna. Eseguire la loro vera anima e non i loro scheletri, ci ha mostrato compositori che, al giorno d’oggi, sono assolutamente moderni, in quanto rivelavano il dramma di un’epoca difficile in cui, come nella nostra, c’erano grandi problemi di coscienza, di libertà di espressione, di grandi conflitti: abbiamo ricostruito e suonato per restituire l’essenza di questi artisti”.

Quando hanno cominciato ad esibirsi nel 1959, la musica strumentale in Italia non era ancora conosciuta, non era ancora popolare ed era ancora considerata musica d’elite, anche tra gli appassionati di musica classica, più vicini al melodramma che alla musica strumentale. Il loro grande merito è stato quello di portare un repertorio italiano, che altrimenti sarebbe stato dimenticato, nelle piazze, facendolo apprezzare dal grande pubblico: “Siamo stati tra i primi a comparire in televisione nelle rubriche pop – ha ricordato Scimone -. Abbiamo partecipato a trasmissioni popolarissime come Canzonissima e abbiamo anche vinto la sezione di musica classica dell’edizione del Festivalbar del ’70, organizzato da Vittorio Salvetti, grazie a 350.000 voti dei giovani”.

Una delle mission, che da sempre contraddistingue il lavoro ed è l’anima de “I solisti veneti”, è quella di rivolgersi ai ragazzi, esibendosi spesso negli istituti scolastici durante l’orario delle lezioni. Ma non solo: accanto alle grandi performance con nomi illustri del panorama mondiale della musica classica, l’orchestra si è sempre esibita anche con moltissime orchestre giovanili, come ad esempio quella dei Pollicini di Padova, formata da musicisti in erba dai sei ai sedici anni: “Cerchiamo di batterci per la diffusione della musica – ha detto Scimone –, una lotta che facciamo da sempre, perché la musica è un metodo educativo fondamentale: sia la musica d’ “insieme”, perché aiuta a imparare il rispetto reciproco, la collaborazione, l’amore, a perseguire lo stesso risultato, sia suonare individualmente perché è una grande portatrice di salute mentale, un sostituto della droga per le giovani generazione”.

Ma tra tutte queste responsabilità, quella fondamentale, secondo il maestro Scimone, è di dare all’essere umano un modo di conoscere se stesso, attraverso il linguaggio universale della musica: “La nostra missione essenziale è che alla fine della nostra esecuzione, che sia opera o che sia concerto, ogni individuo si senta simpatico a se stesso, cioè che l’uomo possa volersi bene attraverso la grande musica, che è un messaggio del tutto intuitivo e permette di esplorarsi e di avere più fiducia in se stesso e nel mondo”.

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