Mika sulla scritta omofoba: ecco perché ho reagito | Giornale dello Spettacolo
Top

Mika sulla scritta omofoba: ecco perché ho reagito

Il cantante: tacere è come far finta che l'omofobia non esista, non rispondere sarebbe molto più pericoloso.

Mika sulla scritta omofoba: ecco perché ho reagito
Preroll

GdS Modifica articolo

12 Agosto 2015 - 12.15


ATF

“Rifiutando di riconoscere gli insulti, avrei commesso un errore: avrei dimenticato il tredicenne che sono stato e avrei fatto male alle persone che non hanno quel lusso e quel privilegio. Io posso salire sul palco. Ma quando sei implume e quella parola ti riguarda, se vedi quel manifesto ma non trovi una risposta che ti faccia da scudo, allora per te significa che ti hanno abbandonato”. Così l’artista Mika spiega con un intervento sul Corriere della Sera perché ha deciso di reagire davanti all’insulto omofobo (‘Frocio’, ndr) comparso su un poster del suo tour a Firenze. “Non potevo permetterlo, proprio per le cose che sono cambiate nella mia vita: avrei lasciato solo me stesso e un sacco di altre persone”.

“E’ il motivo per il quale ho deciso di mettere quell’immagine come foto del mio profilo su Twitter e Instagram. Era esattamente quello che mi avrebbe spaventato a 13 anni. Allora non avrei avuto il coraggio, non potevo averlo”. “Ma con quella ‘dichiarazione visiva’, con quel graffito diventato bandiera – scrive -, ho fatto tutto questo senza essere violento o aggressivo, senza perdermi in prediche”. “La cosa più complicata adesso e’ capire come andare oltre quell’immagine, proprio per la sua forza. Un gruppo di persone ha voluto replicare il mio gesto: ha preso quella scritta, ci ha messo sotto la sua foto, ha aggiunto lo slogan ‘ti rompo il silenzio’. Facebook ha bloccato i loro profili per 30 ore: è la dimostrazione di quanto quel termine sia ancora sensibile, duro. E dunque: se ti offendono, è giusto trasformare un insulto – che un insulto resta – in una bandiera? Sì, finché questo provoca una discussione costruttiva, finché aiuta le persone a riflettere su come un epiteto malpensato e superficiale possa far sentire gli altri. Ma quella parola è comunque una ferita. E’ ancora molto forte, ha un sacco di implicazioni negative e può fare male. Non accettiamola come una parola normale. Ma non facciamo più finta che non esista: sarebbe molto più pericoloso”.

Native

Articoli correlati