La definizione di perfezione che talora utilizziamo per gli spettacoli della realtà opera un doloroso e necessario scollamento con l’esperienza umana. Necessario perché – così siamo portati a credere – umanità è sinonimo di errore, e dunque di imperfezione; doloroso perché per difenderci dalla perfezione abbiamo sviluppato sentimenti quali l’incredulità o, peggio ancora, la diffidenza. Ma, annodato e ininterrotto, resiste un lungo filo che attraversa le epoche e collega tra loro artisti di valore epocale. Uno di questi nodi è la casa della “Zarina della danza”: Svetlana Zakharova, che il 10 e l’11 gennaio partecipa al galà “Les étoiles”, curato da Daniele Cipriani, all’Auditorium parco della musica.
Ammessa a 10 anni alla scuola del Teatro di Kiev e chiamata a soli 17 anni dal Mariinsky come prima ballerina,Zakharova ha una presenza scenica forte, “succede qualcosa” quando entra in scena: la sua figura sottile e flessibile proietta un’ombra umana e densa, soffia una bellezza calda mentre le braccia impegnate in impeccabili port de bras e le gambe in en dehors sono lancette di rigore, carattere ed esercizio. Se alla sua rara precisione tecnica ci si potrà forse abituare, è della poliedricità delle sue interpretazioni, dell’espressività intensa e vibrante che non saremo mai stanchi. “Il ballerino, come ogni altro essere umano, trae ispirazione dalla vita. Può trattarsi della felicità che ci danno le persone che amiamo, come anche quei momenti di grande solitudine. Tutto questo è parte di ciò che io faccio e l’insieme delle mie emozioni è la ricchezza della mia quotidianità”, racconta di sé a Babylon Post.
È molto legata alla Scuola del suo Paese e alla sua lunga tradizione coreutica?
Sì, sono orgogliosa di provenire dalla stessa scuola di danzatori unici di singolare bravura come Ulanaova, Plisetsktaya, Vasiliev per non parlare di Baryshnikov, Nuriev e Makarova. E ho avuto grandi maestri come Elena Evteeva all’Accademia Vaganova, Olga Moiseyev al Teatro Mariinsky e Ludmilla Semenyaka al Bolshoi.
La carriera di una ballerina classica, benché come la sua possa iniziare molto presto, è notoriamente breve. Che rapporto ha con il tempo che passa?
Ogni periodo della mia carriera mi ha portato qualcosa di unico. Il primo ruolo da prima ballerina che ho avuto fu quello di Giselle a 17 anni. Adesso, la Giselle che danzo è completamente diversa. Questo per dire che vivo il tempo per ciò che è, e cerco di trovare in ogni esperienza i lati positivi. Il segreto è mantenere il proprio corpo al meglio della forma.
Negli ultimi anni, si è registrato da parte dei più giovani un maggiore interessamento alla danza, e un aumento delle iscrizioni alle scuole, anche grazie alla presenza in Tv di reality dedicati. Cosa pensa di questi programmi?
Per me non hanno una vera e propria valenza artistica. Però è divertente guardarli, alle volte.
Come Alicia Alonso, Luciana Savignano o Sylvie Guillem, anche Svetlana Zakharova si è lasciata tentare da coreografi più contemporanei, anche senza punte. È il caso di Revelation, coreografia di Motoko Hirayam, sulle note della colonna sonora di Shildren’s List firmata da John Williams…
Non smetterò mai le punte, ma mi piace esplorare anche gli altri stili perché amo ricorrere a espedienti diversi per manifestare i miei stati d’animo. Proprio come in Revelation, che ho deciso di fare dopo aver capito cosa e come potessi arrivare al meglio per quella specifica coreografia.
Con quali coreografi le piacerebbe lavorare?
Lavoro con molti coreografi perché mi piacciono gli esperimenti e le intersezioni e ogni coreografo mi dà qualcosa di speciale. Adoro specialmente Grigorovich, Nemaier, Posokhov, De Bana, Ratmansky.
Angelo Molica Franco