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Nel nome di Antea, così la nostra arte si è salvata dalla guerra

Esce in questi giorni il film documentario di Massimo Martella, prodotto da Istituto Luce Cinecittà. Un omaggio alla bellezza che si è salvata nonostante il sacco dei nazisti e i bombardamenti

Nel nome di Antea, così la nostra arte si è salvata dalla guerra
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5 Giugno 2018 - 13.13


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Quando un paese entra in guerra, a cosa va incontro il suo patrimonio artistico? Vale la pena rischiare la propria vita per salvare un’opera d’arte dalla distruzione? ​Di questo tratta Nel nome di Antea – L’arte italiana al tempo della guerra, il nuovo film documentario di Massimo Martella.

Prodotto e distribuito da Istituto Luce Cinecittà è u​n viaggio commosso, immaginifico, partecipe a cavallo tra la più alta bellezza e la più tetra distruzione: la storia avventurosa di cosa accadde a migliaia di capolavori dell’arte rinascimentale, barocca, moderna e contemporanea conservata in quel campo delle meraviglie che è l’Italia, all​’​esplodere della Seconda Guerra Mondiale, sotto l’invasione nazista, e i bombardamenti che devastarono le nostre città.

La storia di come un patrimonio incalcolabile di migliaia di tele, sculture, monumenti, potè​ non essere distrutto e arrivare integro a noi, alla meraviglia dei nostri sguardi. Forse troppo spesso indifferenti e incoscienti di cosa significherebbe perderlo. Il documentario di Martella (con Massimo Wertmüller e Letizia Ciampa, e la musica originale di Alessandra Celletti) sarà presentato a Roma al Cinema Farnese l’8 giugno (proiezioni ore 15.00 – 17.30 – ore 20.30 alla presenza del regista). Poi girerà tutta Italia. Cercatelo e non perdetelo.

​ «Quando crolla una civiltà e l’uomo diventa belva, chi ha il compito di difendere gli ideali della civiltà? I cosiddetti “intellettuali”, cioè coloro che hanno sempre dichiarato di servire le idee e non i bassi interessi. Sarebbe troppo comodo essere intellettuale nei tempi pacifici, e diventare codardi, o anche semplicemente neutri, quando c’è pericolo» (Fernanda Wittgens, lettera dal carcere, 1944) ​

 

 

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