L'ira razzista dei bianchi in "Suburbicon" di George Clooney

Dal 6 nelle sale la storia tra commedia e dramma con Julianne Moore e Matt Damon: in un sobborgo americano l'arrivo di una famiglia di colore scatena l'inferno

L'ira razzista dei bianchi in "Suburbicon" di George Clooney
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4 Dicembre 2017 - 13.26


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Nella cittadina californiana di Suburbicon l’arrivo di una coppia nera con figlio scatena l’ira della comunità di bianchi di piccola e media borghesia che non li vuole intorno perché, appunto, neri, anzi “negri”. E quando due rapinatori provocano per sbaglio la morte di una donna paralizzata il conflitto deflagra e si susseguono crimini e misfatti. È “Suburbicon”, il nuovo film di George Clooney su una sceneggiatura dei fratelli Cohen del 1999 che si applica benissimo all’era Trump e che arriva nelle sale italiane mercoledì 6 dicembre dopo il passaggio alla Mostra del cinema di Venezia 2016. Con interpreti eccezionali: Matt Damon, Julianne Moore nella parte della donna uccisa e della sorella gemella, Oscar Isaac.

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La famiglia bianca al centro della narrazione è quella dei Lodge (Matt Damon e Julianne Moore, la moglie paralizzata e la sorella, più il figlio Nicky (Noah Jupe). Loro subiscono la rapina con l’uccisione della donna. I Meyers, con figlio, sono neri. Gli abitanti bianchi erigono palizzate per circondarli e non vederli nemmeno.

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E la sceneggiatura si basa su fatti veri: la violenza razzista che si scatenò quando famiglie di colore iniziarono ad andare nei sobborghi della middle class. Sono gli anni ’50. Il film è un dramma con risvolti da commedia o, viceversa, una commedia con risvolti tragici.

”Ci è sembrato il momento per un film arrabbiato – aveva detto alle agenzie Clooney a Venezia – Oggi c’e’ una nuvola nera sull’America. Tutti nel Paese sono arrabbiati al massimo. Mentre giravamo il film sentivo in televisione discorsi elettorali che parlavano di muri da alzare e di come rendere forti e grandi gli States, proprio come faceva Eisenhower. Queste problematiche purtroppo non sono mai morte negli Usa”.

“Il film parla del privilegio dei bianchi. Il mio personaggio – ha raccontato Matt Damon – attraversa il quartiere in bicicletta pur essendo pieno di sangue. Non ha paura, perché sa che se lo dovessero fermare la colpa sarebbe sempre e comunque dei neri. Queste dinamiche negli Usa purtroppo non scompariranno mai”. “Come cittadina sento che bisogna essere attivi” affinché le nuove generazioni siano migliori, è l’opinione di Julianne Moore.

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