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Delitto Pasolini: commissione d'inchiesta o revisione del processo

Ci sono nuovi elementi che potrebbero fare chiarezza sulla morte della grande intellettuale.

Delitto Pasolini: commissione d'inchiesta o revisione del processo
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2 Ottobre 2016 - 10.28


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Venerdì scorso presso la Camera dei Deputati si è tenuta una conferenza stampa importante in merito alla riapertura del Caso Pasolini, sollecitata da tempo a gran voce da una petizione su Change.org, dal recente film “La Macchinazione”, dai deputati Serena Pellegrino di Sinistra Italiana e Paolo Bolognesi del PD, e da tante altre iniziative che si vanno moltiplicando. L’obiettivo principale è la costituzione di una Commissione Parlamentare per indagare ancora una volta sulla morte atroce e violenta di uno dei più grandi intellettuali italiani, barbaramente assassinato all’Idroscalo nella notte fra il 1° e il 2 dicembre del 1975.

Com’è noto, secondo la giustizia italiana Pasolini sarebbe stato accidentalmente ucciso da Pino Pelosi, un “ragazzo di vita” diciassettenne incontrato per caso quella notte. Una versione che fa a schiaffi con la realtà per mille motivi: Pasolini e Pelosi si conoscevano da tempo, non si erano recati all’Idroscalo per motivi sessuali ma per riavere il negativo del film “Salò o le 120 giornate di Sodoma” che era stato rubato, senza contare che innumerevoli di indizi portano a ritenere che Pasolini sia stato assassinato non da una sola persona bensì da un gruppo di persone.

Tre mesi fa, questa Commissione Pasolini sembrava essere sul piede di partenza. Ora però sembra essersi arenata.
L’avvocato Stefano Maccioni, il legale del cugino di Pier Paolo Pasolini che ha fatto riaprire il caso alla Procura di Roma nel 2009 con la conseguente scoperta di 5 nuovi Dna ricavati dai reperti trovati sulla scena del delitto, ha detto venerdì senza giri di parole che se la Commissione Pasolini non si farà intende richiedere una revisione del processo, motivata dai numerosi nuovi elementi in suo possesso.

Grazie al contributo della nota genetista forense Marina Baldi che ha esaminato, su richiesta dell’avv. Stefano Maccioni, i risultati dei Dna individuati dai Ris sui reperti relativi all’omicidio di Pier Paolo Pasolini, ora sarebbe possibile affermare con certezza che nel momento in cui veniva ucciso Pasolini era presente sul luogo del delitto almeno una terza persona, il cosiddetto “Ignoto 3”. Infatti, sulla maglia di lana a maniche lunghe di Giuseppe Pelosi sono stati individuati due Dna, uno quello del “2° Soggetto Ignoto” è misto al Dna di Pasolini ed è stato riscontrato anche su altri reperti, (sugli slip neri di Pelosi, sul fazzolettino di Pasolini e su una maglietta a maniche corte sempre del Pelosi; sul giubbino rosso; e sulle scarpe marroni) mentre quello appartenente al “3° Soggetto Ignoto” è un profilo singolo, estrapolato da una traccia verosimilmente ematica.

“Siamo dunque dinanzi all’impronta biologica -afferma Maccioni- di qualcuno che, nel momento in cui c’è stato il contatto con la vittima, era ferito, e la ferita era recente perché costui perdeva sangue”.

Del resto, la forza e l’agilità di Pier Paolo Pasolini erano ben note e questo fu uno dei tanti elementi che resero poco credibile, fin dal primo momento, il fatto che il giovane e gracile Pelosi fosse riuscito da solo a massacrarlo in quel modo. Senza contare le timide ma eloquenti testimonianze di coloro che abitavano a quei tempi nelle case abusive attorno allo sterrato dell’Idroscalo. Molti di loro dissero a giornalisti come Furio Colombo e Oriana Fallaci che l’assassinio di Pier Paolo Pasolini fu una vera e propria mattanza e che durò quasi un’ora. Ma la magistratura, stranamente, non li convocò mai per ascoltare la loro versione dei fatti.

In considerazione di tali elementi, l’avvocato Stefano Maccioni ha appunto dichiarato alla Camera dei Deputati che valuterà presto se richiedere la riapertura delle indagini per un nuovo processo oltre ovviamente ad insistere ancora per la Commissione Parlamentare d’inchiesta sul Caso Pasolini.
“Da quella notte -conclude Maccioni- sono passati più di 40 anni. Quanto dobbiamo aspettare ancora?”

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