E’ un film low budget, finanziato con una campagna di crowfunding; è originale; è sorprendente; è tenero; è italiano. Sono questi gli elementi di base di uno dei film più interessanti passati al 33esimo Torino Film Festival. Il suo titolo è “I racconti dell’orso” ed è firmato da due registi esordienti, Samuele Sestieri e Olmo Amato, romani, rispettivamente classe 1989 e 1986.
Un film piccolo che diventa un gigante, man mano che le immagini scorrono sul grande schermo: è un lavoro onirico, sperimentale, vera avanguardia per il piattume imperante della cinematografia italiana.
Una trama semplice come può essere il sogno di una bambina durante un viaggio in macchina: un omino rosso e un monaco meccanico si rincorrono, giocano, parlano, vivono…
Sestrieri e Amato hanno fatto (e vinto, visto il risultato) la loro scommessa. Intanto perché hanno trasformato il loro viaggio di 40 giorni tra Finlandia e Norvegia in un film girato da sole due persone (hanno curato tutto da soli, dalla regia al montaggio, dalla fotografia alla prodruzione) e soprattutto perché sono riusciti a fare qualcosa che dal cinema italiano manca da qualche anno se non in quale rara (rarissima) situazione: semplicemente far emozionare ancora lo spettatore.
Coraggio e talento i due registi ne hanno davvero da vendere: una carriera che parte da qui, dal Torino Film Festival numero 33.