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Sarah Felberbaum: la nuova sfida? Raccontare le donne

L’attrice di Una grande famiglia e Il giovane Montalbano si racconta al Giornale dello spettacolo: 'Voglio dare alle serie tv la dignità che meritano'.

Sarah Felberbaum: la nuova sfida? Raccontare le donne
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16 Novembre 2015 - 16.01


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di Claudia Catalli

È una fan di serie tv, ne divora una dopo l’altra. Ironia della sorte, quando la fermano per strada le fanno quasi sempre i complimenti per i suoi personaggi in Una grande famiglia e Il giovane Montalbano. Sarah Felberbaum, appena vista al cinema accanto a Luca Argentero nella commedia romantica Poli Opposti, non si stupisce, anzi ne è contenta: “In passato si sentiva ripetere ‘Sei un volto troppo televisivo’, ormai l’approccio è cambiato: la cosa importante è non declassare le serie, ma dargli la dignità che meritano e migliorarle”.

Quale serie segue più assiduamente?

Sons of Anarchy, dura sette stagioni, ormai è una mission. Ho sempre seguito serie tv, da ragazzina guardavo Beverly Hills, poi ho visto Scandal, Grey’s Anatomy, adesso anche How to get away with a murderer…

Rispetto al cinema cosa cambia?
Il tempo, la possibilità di sviluppare meglio temi e personaggi: hai più puntate, più ore per girare e da attrice la possibilità di regalare al personaggio un’evoluzione più ampia.

Serie italiane vs internazionali: chi vince il confronto?

Purtroppo le serie italiane non sono ancora allo stesso livello delle internazionali, ma stiamo iniziando. Lo stesso Montalbano ha un approccio diverso, più innovativo rispetto al passato e con un taglio cinematografico vicino a quello delle serie internazionali.

“È un volto troppo televisivo”: gliel’hanno mai detto?

Fino a un certo punto, perché ho avuto la fortuna e forse anche l’intelligenza di non legarmi troppo a lunghissime serialità, per non precludermi la possibilità di altri lavori nell’arco dell’anno. Comunque, anche se non direttamente rivolta a me, è una frase che ho sentito. Ora sto notando un approccio nuovo tra addetti ai lavori, non c’è più quella linea netta tra televisione e cinema, per fortuna.

Dal cinema alla televisione cambia anche il rapporto con il pubblico, no?

Certo, con la tv hai una risposta immediata, la gente si affeziona. L’affetto del pubblico si percepisce tantissimo: adesso tra Una Grande Famiglia, Montalbano e Poli Opposti noto una bella risposta anche per strada, diversa rispetto ad altri momenti dell’anno. Le prime due le citano di più, e mi fa piacere: che sia tv o cinema si tratta sempre di un lavoro che ho scelto, quindi lo sostengo sempre, senza differenze.

Cosa la deve convincere di un progetto per accettarlo?

Tutto il pacchetto: la storia, il personaggio, poi anche equilibri giusti e alchimie a pelle. Budget stellari o nomi altisonanti nel cast non mi interessano: ho fatto film piccoli, di esordienti, con attori più o meno famosi, è il progetto che conta per me.


Raccontare la donna in tv: a che punto siamo?

Il processo è ancora lungo: i ruoli femminili sono pochi e spesso marginali, è difficile che siano protagoniste. Piano piano per iniziamo a vedere – come al cinema – donne che hanno una loro dignità, una loro forza, non solo di contorno.

Un esempio positivo in questo senso?

Orange is the new black: è una serie tutta al femminile, dove gli uomini sono marginali. Cose del genere non vengono proposte in Italia ed è un peccato: sarebbe interessante raccontare donne diverse, belle e brutte, buone e cattive.

C’è un universo ancora da esplorare. Le donne che ha portato lei sullo schermo che tipi sono?

Nicoletta di Una grande famiglia parte come una ragazza fragile e piano piano cresce, trova un uomo con cui stare, crea la sua famiglia e la sua vita insieme a lui. È stato un bel viaggio portare una ragazza acerba a diventare moglie, madre, compagna, un punto di riferimento per la famiglia.

E Livia di Il giovane Montalbano?

Trovo sia una bella immagine di donna da raccontare, volevo regalarle una sorta di dignità che nelle serie di Montalbano non avevamo mai visto: vedevamo donne lamentarsi, non essere felici, o presenze marginali. Grazie alla sceneggiatura io ho potuto dare corpo a donna capace di stare accanto, sostenere e dare forza al suo uomo, ma una indipendente che ha un suo lavoro, viaggia, si muove per far sì che i due si vedano. Mi piaceva la grinta che un personaggio del genere deve avere, è una donna che mantiene in piedi tutto. E questo nelle altre serie non si era visto.

Come prepara i suoi personaggi?

Carta e penna alla mano, scrivo sempre una mia storia. Chi è, da dove viene, che famiglia ed esperienze pu avere avuto prima del momento in cui la incontriamo, perché ha fatto quella cosa o diventerà quel tipo di donna che poi vediamo sullo schermo… Sapere solo io la sua “vita” precedente mi aiuta a regalare dignità al personaggio.

Il suo sogno, televisivamente parlando?

Fare una serie con un gruppo di donne. Speriamo ne producano una presto. n Claudia Catalli

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