The Walk: il primato del cinema secondo Zemeckis

Il film sull'impresa di Petit poteva essere raccontato solo grazie al cinema di un grande autore.

The Walk: il primato  del cinema secondo Zemeckis
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23 Ottobre 2015 - 09.06


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The Walk, ovvero la grande vertigine del cinema
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di Marco Spagnoli

@marco_spagnoli

E’difficile non soffrire di vertigini mentre si guarda The Walk. E questo non perché il 3D o, meglio ancora l’Imax, ci porti a vivere in prima persona quello che ha provato Philippe Petit, il 6 agosto del 1974 camminando sospeso su un filo teso tra le due torri gemelle del World Trade Center, distrutto l’11 settembre 2001.

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Il film per quanto spettacolare, come nella tradizione del cinema di Zemeckis, è costruito seguendo una narrazione personale in cui lo spettatore è preparato a vivere in pieno le emozioni del protagonista.

In questo senso The Walk, pur nella sua affascinante ed emozionante costruzione visiva, è soprattutto un racconto del particolare contro l’infinito: un momento sospeso (è proprio il caso di dirlo) nel tempo destinato a durare per sempre.

Nell’era dello sterile dibattito sul primato tra cinema e televisione, è evidente, però, che The Walk rappresenta una tipologia di narrazione che solo nelle sale cinematografiche può trovare in pieno il suo senso, affermando l’eterno primato del cinema quando il film che viene proiettato ha davvero un significato importante grazie all’abilità del suo regista sia sul piano delle immagini che su quello delle emozioni.

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Oggi che anche la televisione può essere proiettata nei cinema vista la potenza della sua narrazione, la differenza – se esiste tra i due media – è dato dal fatto che mentre il racconto seriale può permettersi di vincere ‘ai punti’, un film deve, necessariamente, conquistare il pubblico per ‘knock out’.

La metafora pugilistica, dunque, suggerisce che solo una narrazione forte, circostanziata e di impatto può, oggi come oggi, riconquistare al cinema il titolo di campione dell’entertainment.

Dipende, quindi, dai registi allenatori come Zemeckis e come, fortunatamente, tantissimi altri utilizzare i film per una visione del racconto moderna e non seriale in cui il cinema ‘vince’ il cuore dello spettatore, grazie ad uno sguardo profondo nella mente e talora nell’anima dei protagonisti.

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Come nel caso di The Walk, dove Joseph Gordon Levitt spiega al pubblico la sua visione di un’impresa unica, portandolo sulla vetta delle Torri gemelle che, oggi, peraltro non esistono più e consentendogli di vedere qualcosa di altrimenti invisibile.

Un film importante, unico, da vedere, ma soprattutto da ‘sentire’ profondamente perché lo spettatore può lasciarsi andare nello spirito di un personaggio sul piano emotivo e personale. Arrivando, perfino, a soffrire il senso del vuoto e vivendo così, la “grande vertigine”del cinema che da Hitchcock in poi (ma anche prima) seduce gli spettatori.

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