Unonessuno: il mockumentary di Vicari che esplora il mestiere dell'attore

Il regista Daniele Vicari ha presentato con gli studenti/attori alla Festa del cinema di Roma il mockumentary Unonessuno.

Unonessuno: il mockumentary di Vicari che esplora il mestiere dell'attore
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19 Ottobre 2015 - 16.51


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di Davide Monastra

È stato presentato alla Festa del cinema di Roma, nella sezione parallela di Alice nella città, il mockumentary UnoNessuno, diretto dal regista Daniele Vicari con Imogen Kusch e Paolo Giovannetti. La pellicola, che ha inaugurato la riapertura provvisoria del cinema Avorio, è prodotta dalla Scuola di Arti Cinematografiche Gian Maria Volontè, ed è nata durante uno stage per gli studenti del corso di recitazione a cui sono stati affidati anche il soggetto e la sceneggiatura del mediometraggio.

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“Unonessuno – spiegato Daniele Vicari – nasce all’interno della scuola di cinema Gian Maria Volonté, una scuola pubblica e gratuita e questo lo sottolineo con orgoglio. All’interno della scuola ogni anno facciamo stage per tutti i reparti: regia, montaggio, fotografia… riusciamo a portare i nostri ragazzi sui set. Per il reparto di recitazione è un po’ più complicato quindi facciamo degli stage interni, chiamando dei professionisti: questo ho chiesto a Paolo Giovannucci e Imogen Kusch, sono rispettivamente un attore e una regista di teatro . Io non insegno nella scuola, sono il direttore artistico però lo stage alla fine del percorso alla fine del biennio mi piace farlo. Quando abbiamo iniziato, avevamo in mente di realizzare qualcosa, ma non sapevamo cosa. Unonessuno è tutto merito loro (indicando gli studenti/attori presenti all’incontro, ndr.). Il loro lavoro ha determinato la nascita del film”.

L’opera è infatti un finto documentario, che segue le vicende di Paolo Giovannetti e degli studenti del corso di recitazione impegnati in una pièce teatrale ambientata in una fabbrica che sta per apportare dei tagli di personale. Ogni studente ha dovuto creato e interpreta un personaggio mentre Paolo Giovannetti interpreta Ferretti, il loro datore di lavoro. “Il laboratorio è durato tre settimane – ha continuato il regista –. L’idea dello stage era che i ragazzi facessero un’esperienza concreta, da come si scrive un personaggio, a come si interpreta, a come si monta montano le scene che vengono girate, e perfino come si promuove: loro infatti qui alla Festa del Cinema di Roma stanno ancora continuando quest’esperienza. In pratica sono rimasti prigionieri di questa cosa (ride, ndr.), insomma come nel racconto L’invenzione di Moreldi di Bioy Casares”.

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Il film lavora sulle emozioni che l’attore deve portare in scena e il titolo pirandelliano ben si adatta all’intento che si è posto il regista: esplorare la sottile linea di confine tra attore e personaggio, tra realtà e finzione: “Uno nessuno individua bene che cos’è il nocciolo fondamentale di essere attore – ha detto Vicari -, cioè il fatto di andare sulla scena, annullare apparentemente se stessi per far vivere qualcosa di diverso da sé. In un continuo gioco del si è e non si è, mentre invece così si dimostra che si è e si è allo stesso tempo”.

Per quanto riguarda il genere scelto per il film, Vicari ha spiegato: “Il cinema documentaristico italiano è di estremo interesse perché molti registi e molte registe hanno la possibilità di esprimersi e lo fanno con film interessanti, perché è cinema del reale che si confronta con quello che succede nel mondo. Detto questo c’è anche però un lato negativo nel mondo del documentario, perché la totale mancanza di mezzi che c’è in questo settore perché non esiste un mercato impoverisce questi prodotti. Eppure credo che ci sia una infinita possibilità di sperimentazione e il mockumentary, che in questo caso specifico è il genere che abbiamo utilizzato noi, ha potenza straordinaria, mescolando realtà e finzione in un modo molto particolare”.

All’incontro allo Spazio Alice erano presenti anche i protagonisti del film alla loro prima esperienza in un’importante manifestazione cinematografica. Per loro è stata l’occasione, come ha spiegato Vicari, di proseguire nello stage, perché un’opera cinematografica non si conclude solo sul set, ma diventa tale solo quanto è proiettata per il pubblico. A proposito dell’esperienza vissuta, Riccardo Zonca ha ricordato: “Nel film si parla del limite tra la realtà, la finzione, il personaggio. L’esperienza mi ha fatto capire quanto io posso mettermi in gioco e come mettersi in gioco. Nessuno saprà mai che cosa c’è di reale di me in quello nel personaggio che appare sullo schermo: solo io posso sapere che cosa c’è di vero. Per me, che è stato sempre particolarmente difficile confrontarmi con i gli scheletri nell’armadio, sono state tre settimane che mi hanno fatto crescere come persona nel mio lavoro”. “All’inizio del workshop non sapevamo il tipo di sviluppo che avrebbe avere – ha spiegato Alessandro Bertoncini –. L’abbiamo fatto in modo totalmente inconsapevole. Questo è stato uno dei punti di forza, secondo me, dello stage”.

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“Rimanere uguali è impossibile – ha aggiunto Chiara Scalise a proposito dell’esperienza vissuta e che sta vivendo sul red carpet romano -. Io mi sento diversa sia come attrice che come persona. Come attrice ho delle consapevolezze in più, per fortuna. Come persona ho scoperto delle cose di me che forse non accettavo, infatti è stato traumatico scoprire che il personaggio che avevo creato era in realtà una parte di me che io non sapevo di avere. È stato costruttivo per tutti noi poter lavorare su noi stessi”.

Dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma, adesso si pensa a come distribuire il film: “In molti mi hanno chiesto che cosa ne sarà di Unonessuno. Non pensavamo che questo film potesse vivere, visto che è un progetto nato all’interno della scuola – ha sottolineato Vicari -. Adesso ci stiamo ponendo questo problema. La scuola Gian Maria Volontè è una scuola pubblica e quindi non può vendere il prodotto perché è una no profit. Però penso che riusciremo a distribuirlo attraverso un dvd o anche in televisione”.

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