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Il cinema piange Chantal Akerman, regista sperimentale

La regista è morta all'età di 65 anni: la prima ipotesi formulata dagli inquirenti è il suicidio. Ha firmato opere sorprendenti come La captive e Tutta una notte.

Il cinema piange Chantal Akerman, regista sperimentale
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6 Ottobre 2015 - 15.09


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E’ morta all’età di 65 anni Chantal Akerman, regista sperimentale tra le più importanti della storia del cinema. Non si conoscono ancora le cause della sua scomparsa prematura, ma si teme che possa essersi tolta la vita.

Nata a Bruxelles il 6 giugno del 1950, dopo essere stata illuminata a quindici anni dalla visione de «Il bandito delle 11» (1965) di Jean-Luc Godard, decise di iscriversi alla scuola di cinema della capitale belga ma, ben presto, inizio a girare i primi lungometraggi, abbandonando lo studio della settima arte, per dedicarsi al lavoro sul set.

Il primo lungometraggio, «Hôtel Monterey», è del 1972. Il suo lavoro più significativo in assoluto è «Jeanne Dielman, 23, Quai du Commerce, 1080 Bruxelles» (1975), considerato da molti come il manifesto del cinema femminista. Il film è una grande opera fin dalla durata 201 minuti, che racconta la vita di una madre e casalinga annoiata, alle prese con le proprie faccende quotidiane, tra lavoretti domestici e clienti che la pagano in cambio di prestazioni sessuali. Una routine interrorra da un evento inatteso e quanto mai violento.

Negli Ottanta continua a dedicarsi al cinema sperimentale, firmando la regia di «Tutta una notte» (1982), opera che segue molteplici personaggi nell’arco di una sola nottata. Negli anni ’90 si dedica invece a opere dall’impianto narrativo più tradizionale come «Notte e giorno» (1991) e «Un divano a New York» (1996).

Il nuovo millennio però si apre con «La captive» (2000), con Stanislas Mehrar e Sylvie Testud, ispirato a «La prisonnière», quinto capitolo della «Recherche» di Proust.

Il suo ultimo lavoro, «No Home Movie», è stato presentato in concorso al Festival di Locarno 2015: si tratta di un documentario che racconta il suo rapporto con la madre, durante l’ultimo periodo di vita di quest’ultima, e che oggi acquista una valenza ancor più angosciosa.

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