Ci sono film che vanno digeriti, metabolizzati e meditati. Inside Out è uno di questi. E’ un film che ti accompagna anche nei giorni successivi. Molti critici in queste ore, mentre la pellicola Disney – Pixar stravinceva al Box Office, hanno ripetuto come un rosario che non è un cartone animato per bambini, ma per adulti. Io credo invece che sia “anche” per gli adulti.
E’ un dono per noi figli unici, per coloro che non si sono mai potuti permettere di essere tristi, di piangere. Per quelli per cui la felicità non era un diritto ma un dovere. Per quegli adulti che sono stati bambini che non volevano dare problemi ai propri genitori.
Ancora una volta la Disney ha dimostrato di saper interpretare i tempi. Ma soprattutto di voler andare controtendenza. Di essere capofila di una rivoluzione pedagogica e culturale. Come direbbe lo psicoterapeuta australiano Russ Harris: ci ha fatto il gran regalo di liberarci dalla “trappola della felicità”, una prigione che ci condanna allo stress e alla perenne insoddisfazione. Perché tutti abbiamo il diritto ogni tanto di cadere, anche se la società del benessere, in cui viviamo, emargina e considera sfigati tutti i comportamenti che non sono “felici”.
Anche il nostro viaggio nella vita, come per i personaggi del film, è un labirinto, un circolo vizioso che ci costringe a sprecare energie in una estenuante battaglia persa in partenza.
E’ un’opera che fa riemergere tutte le emozioni che il mondo dei selfie, dei social network e dei “sorrisi per forza” hanno cancellato, come se fosse possibile robotizzare ogni nostro stato d’animo.
Questo è un film per i bambini -non perché loro ne capiranno tutto il significato, ovviamente, il cartone è pieno di riferimenti ai concetti della psicanalisi- ma perché è da piccoli che bisogna imparare a non avere paura del dolore, a capire che fa parte della vita e che solo attraverso la sofferenza si può realmente essere felici. E’ un film che riabilita i ricordi tristi che sono preziosi perché costruiscono le fondamenta per affrontare con più facilità le difficoltà della nostra esistenza da grandi. Ma soprattutto sono lì a ricordarci che abbiamo avuto la forza di rialzarci, ci insegnano che tutti siamo stati coraggiosi almeno una volta nella vita. Dalla tristezza nasce la compassione, la solidarietà, sgorga la nostra umanità. Non dovremmo averla in antipatia. E’ qui sta un’altra straordinaria operazioni degli autori: inventare un personaggio tenero, a cui è facile affezionarsi, una figura tonda e innocua a cui voler bene e non da odiare.
La Disney ha fatto il lavoro eccezionale di ridare speranza anche a quei bambini che stanno vivendo un momento doloroso, magari in un reparto di pediatria, e che devono combattere per costruirsi un futuro migliore anche attraverso l’emozione della tristezza.
Ecco, questo film mette un punto al “e vissero felici e contenti” che nei suoi cartoni animati ha cresciuto generazioni come la mia che hanno corso verso un traguardo impossibile non godendosi il viaggio. Grazie alla Disney – Pixar, perché da ora in poi diventeranno grandi, bambini più consapevoli e più umani.