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Premio Pasinetti a Non essere cattivo di Caligari

Questo è l'ultimo lavoro realizzato dal regista scomparso a maggio, a terminare il film è stato Mastandrea.

Premio Pasinetti a Non essere cattivo di Caligari
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11 Settembre 2015 - 19.30


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E’ la storia di due fratelli di strada a metà degli anni ‘90 in una città, Ostia, devastata dalla droga. Questo è l’ultimo lavoro realizzato da Caligari prima della sua morte avvenuta a maggio, a terminare il film è stato Mastandrea. I Giornalisti Cinematografici Sngci hanno assegnato i Premi Francesco Pasinetti 2015 tra tutti i film selezionati e presentati a Venezia. E hanno scelto di segnalare Non essere cattivo di Claudio Caligari miglior film per il quale si premiano le interpretazioni di Luca Marinelli, Premio Pasinetti maschile 2015 e di Alessandro Borghi. In basso l’intervista realizzata da Marco Spagnoli a Valerio Mastandrea.

di Marco Spagnoli

“Certe cose non nascono. O nascono senza accorgersene. Io e Claudio da quando ci siamo conosciuti abbiamo pensato e sognato di fare film insieme ogni giorno. Da attore e regista soprattutto. “ Valerio Mastandrea ha un velo di commozione quando parla della sua amicizia e del suo lavoro con Claudio Caligari, regista prematuramente scomparso lo scorso 26 maggio e con cui Mastandrea aveva già lavorato per L’odore nella notte nel 1998. Ed è proprio l’attore romano ad essersi preso la responsabilità di terminare il lavoro iniziato da Caligari con Non essere cattivo, film postumo con Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia D’Amico e Roberta Mattei, presentato come Evento Speciale alla 72° Mostra del Cinema di Venezia. Il film, prodotto da Kimerafilm e Rai Cinema in collaborazione con Taodue Film e con Leone Film Group in associazione con Bnl Gruppo Bnp Paribas esce l’8 settembre distribuito da Good Films.

Adesso, però, lei è stato costretto a diventare anche il produttore del film…

L’unica particolarità della collaborazione tra me e Claudio è stata quella, di dover impersonare questa volta un ruolo nuovo per me. Che non riuscirò mai a definire come “produttore” e non perché sia una parolaccia.
Claudio è stato il generale di questa battaglia. Io ho fatto il gustatore, in avanguardia. Ho sondato il terreno dove combattere e ho cercato alleanze e mine sparse qua e là. La metafora della guerra per questa avventura è perfetta…purtroppo.

Parliamo della famosa lettera che hai scritto a Martin Scorsese per sollecitare un suo intervento a favore di Caligari. Come le è venuta questa idea e quali sono stati i suoi effetti reali?

Non è stata un’idea ma un gesto istintivo. Eravamo agli sgoccioli da molti punti di vista. Bisognava accelerare, strillare a tutti che il tempo e i soldi erano nemici ormai alleati (come sempre quando si parla di cinema). È stato come raccontare una barzelletta, improvvisamente durante una cena in cui tutti si fanno i cazzi loro. Prima di renderla pubblica l’ho mandata a Claudio che non ha mai amato i colpi di teatro. Dopo giorni di riflessione ha accettato la pubblicazione. “È troppo sincera per ignorarla”. Scorsese serve solo perché esiste. Gli basta questo. Infatti settimane dopo qualcosa si è mosso in maniera concreta.

Il suo è stato un atto di grande generosità: come guarda a tutto questo lavoro? Orgoglio? Lealtà nei confronti di un amico? Volontà di cambiare le cose?

Io ho solo iniziato una sfida difficile, quasi impossibile. Ma chi mi ha affiancato e soprattutto il motivo per cui l’abbiamo proseguita erano talmente forti e in contatto col senso più profondo del nostro lavoro che era impensabile non spendersi fino all’ultimo per tutto questo. La generosità di Claudio e di tutte le persone che hanno combattuto insieme a noi è stata incredibile. Ci sono tante uomini e donne che hanno avuto un ruolo fondamentale per la realizzazione di questo film. Le cose, per almeno un anno, le abbiamo cambiate. È un inizio anche questo…

Che lezione si può trarre da quanto è successo a Claudio Caligari e dalla sua parabola cinematografica? Che un certo tipo di cinema sia ancora molto scomodo? Che i produttori e i distributori dimostrino, spesso, una certa miopia?

Il cinema di Claudio Caligari è stato semplicemente cinema. Se non si parte da qua, dal fatto cioè che il cinema sia tante cose, tanti generi, tanti sguardi, staremo sempre qui a parlare delle stesse cose. Il dramma è che ancora non mettiamo a fuoco che l’urgenza è
quella di recuperare e trasferire al pubblico l’idea che il cinema sia tante cose. E che come tale debba essere fatto e visto.

Quale è la cosa più importante accaduta con questo film?

Che questo film sia stato finito. E che lo abbia finito il suo regista.

Adesso, Si parla di un suo esordio alla regia: quando avverrà?

Non lo so. Dopo questa esperienza mi è tornata una gran voglia di rifugiarmi nel mio di lavoro di attore che, alla fine, è il più comodo di tutti.

Come guarda al cinema italiano, oggi: cosa manca? Cosa c’è da fare?
Riaprire le sale e costringere a programmare almeno due settimane ogni film italiano che venga prodotto. Andarci no, non deve essere obbligatorio ma farli vedere sì.

Torrnare sul set come ‘semplice’ attore, oggi, avviene con quale consapevolezza? A cosa sta lavorando?
Sto girando con Bellocchio Fai Bei Sogni tratto dal libro autobiografico di Massimo Gramellini. Marco Bellocchio di consapevolezza te ne tira fuori tanta… speriamo non quella che non è più tempo per fare l’attore.

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