Eddie Redmayne: La teoria del tutto è l’amore

L’attore a Torino per presentare il film ha raccontato il film in cui ha interpretato Stephen Hawking: “L’Oscar? Non ci penso, al momento sono solo voci effimere”.

Eddie Redmayne: La teoria del tutto è l’amore
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25 Novembre 2014 - 17.51


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di Davide Monastra

“Questo non è un biopic e non ho dubbi quando lo affermo. Quando ho letto la sceneggiatura del film l’ho trovata piuttosto uno studio sull’amore e la possibilità che l’uomo ha di amare in tutte le forme: amore per la scienza, per la famiglia, per la poesia, ecc…”. Cosi Eddie Redmayne, arrivato al Torino Film Festival per ritirare il Maserati/Torino Award, premio assegnato dalla kermesse della Mole ad un talento riconosciuto del mondo del cinema, ha raccontato il film di James Marsh “La teoria del tutto”, dove ha interpretato il fisico Stephen Hawking. Il film è l’adattamento cinematografico della biografia “Travelling to Infinity: My Life With Stephen”, scritta da Jane Hawking, ex-moglie del fisico ed uscirà nelle sale italiane il 15 gennaio 2015.

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Sapevi chi era Stephen Hawking prima di interpretare il personaggio?

Ho frequentato Cambridge, ovviamente non l’Università di Fisica ma ho fatto Storia dell’arte. Mi capitava di incontrare Stephen Hawking molto spesso. Ogni volta che attraversava il campus era sempre attorniato da tantissime persone. Era come una rockstar.

Come ti sei approcciato al film?

Ovviamente ho letto tutto quello che ha scritto Stephen Hawking, iniziando da “Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo”. Con questo non voglio dire che ho capito molto delle sue teorie e mi sono dovuto affidare a internet. Sono andato soprattutto a cercare qualcosa su www.astronomiaperragazzi.com e allora tutto è diventato un po’ meno oscuro.

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Come sei stato scelto per interpretare il personaggio?

Ho letto la sceneggiatura e ho subito trovato sia la storia sia il personaggio straordinari. In realtà sono stato io a inseguire la parte, chiamando spesso James Marsh per farmi affidare il ruolo. Appena ho saputo di essere stato scelto, ho avuto realmente paura perché solo in quel momento ho realizzato quanto sarebbe stato difficile calarsi nella parte.

Per questo ruolo hai dovuto lavorare sulla fisicità particolare del personaggio.

Sì, immediatamente infatti sono andato in una clinica dove si cura la Sla. Ho parlato con una dottoressa che prima mi ha spiegato tutte le fasi della malattia e poi mi ha messo in contatto con oltre 40 pazienti e le loro famiglie. In questo modo ho capito la difficoltà, i costi e le problematiche che ogni giorno devono affrontare per questa malattia. Successivamente ho visto tutti i documentari su Stephen Hawking, ma è stato davvero fondamentale l’incontro che ho avuto con lui. È un uomo con un carisma e una personalità molto forti. È chiaro che per Stephen Hawking la malattia è un aspetto solo secondario della sua vita.

Per farlo ti sei anche affidato ad una coreografa.

Ho dovuto affrontare un addestramento muscolare, che mi ha insegnato ad assumere determinate posizioni, ad utilizzare alcuni muscoli piuttosto che altri. Era importante per me, prima di girare il film, avere la padronanza su questi movimenti perché non abbiamo girato in ordine cronologico e ogni giorno mettevano in scena fasi diverse della sua malattia. Ho dovuto capire tutte le fasi del decorso e imparare in fretta questa fisicità, proprio come se fosse una danza, grazie anche all’aiuto della coreografa Alexandra Reynolds. Mentre giravo le scene, mi sono sentito davvero fortunato. Ogni sera io tornavo ad essere normale, mentre per queste persone la vita, come me l’hanno descritta, è come una prigione che si rimpicciolisce sempre di più.

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Come hanno reagito i protagonisti reali al film?

Stephen, sua moglie Jane, Jonathan e i figli sono stati molto generosi nei nostri confronti. Interpretare persone reali e ancora in vita crea sempre un po’ di imbarazzo perché sai che loro vedranno il tuo film, ma loro a noi hanno dato tutto quello che si poteva dare. Addirittura Stephen ci ha concesso i diritti della sua voce: un gesto davvero generoso che ha reso il film ancora più vicino a quella che è la realtà.

Che ne pensi di chi dice che hai già vinto l’Oscar?

Le voci sulla mia candidatura o sulla mia vittoria cerco proprio di non ascoltarle. Per me non contano. Sono solo speculazioni effimere che non mi interessano. Vedremo alla fine come andrà a finire.

Qual è il tuo prossimo progetto?

Lavorerò nel prossimo film di Tom Hooper. È una storia davvero particolare e interessante, ambientata negli anni ’20. È la storia di un uomo che si trasforma in una donna, anzi è forse la prima transessuale della storia.

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