Io sto con la sposa, il viaggio per la libertà che ha emozionato Venezia

Da domani al cinema il film, premiato alla Biennale, che racconta il percorso clandestino di cinque palestinesi-siriani verso la Svezia, in un finto corteo nuziale.

Io sto con la sposa, il viaggio per la libertà che ha emozionato Venezia
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8 Ottobre 2014 - 15.37


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di Adriano Stabile

Un viaggio segreto attraverso l’Europa alla ricerca di asilo politico. E’ l’asse portante del film-documentario “Io sto con la sposa”, che esce domani in 23 cinema di tutta Italia (a Roma al Nuovo Cinema Aquila al Pigneto e all’Eden a piazza Cola di Rienzo). Più che mai attuale è il tema della migrazione da parte di cinque siriani e palestinesi che, arrivati a Milano clandestinamente dopo aver attraversato il Mediterraneo nei tristemente noti “barconi della morte”, devono compiere l’ultimo sforzo per raggiungere Stoccolma, in Svezia.

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I registi Gabriele Del Grande (32 anni), toscano, Antonio Augugliaro (36 anni), milanese, e Khaled Soliman Al Nassiry (35 anni), siriano-palestinese, hanno filmato una storia vera di cui loro stessi sono protagonisti: dopo aver conosciuto uno dei profughi a Milano, hanno infatti deciso di aiutare lui e altri quattro, commettendo di fatto un reato e rischiando la galera. “Ci siamo confrontati con un avvocato – racconta Del Grande – che ci ha spiegato quanti anni di carcere avremmo potuto prenderci se scoperti”.

I tre registi hanno deciso che questa corsa verso la libertà andava filmata: hanno buttato giù un canovaccio per creare situazioni “proficue” per il film, hanno inscenato un corteo nuziale per eludere meglio i controlli alle frontiere, e sono partiti con un gruppo di “amici-collaboratori” e le cineprese, facendosi aiutare da conoscenti dislocati in varie città d’Europa, attraversando Francia, Lussemburgo, Germania e Danimarca.

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Dramma, umanità e ironia. Il viaggio della speranza, avvenuto tra il 14 e il 18 novembre 2013 (poco dopo il tragico naufragio di Lampedusa dell’11 ottobre in cui morirono 268 siriani di cui 60 bambini), diventa l’occasione per conoscere da vicino le storie e i drammi dei cinque profughi, ma anche la loro umanità, i loro sorrisi e la loro ironia. “Io sto con la sposa non è un film di denuncia, non ti dà un pugno nello stomaco – spiega Del Grande – ma racconta una bella storia di speranza, anche con leggerezza”.

Alcuni tratti del documentario colpiscono ed emozionano come quando, durante il primo giorno di viaggio, una telefonata comunica al regista Khaled che, dopo cinque anni, gli è stata concessa la cittadinanza italiana. Non riesce a trattenere le lacrime: dopo una vita da apolide palestinese per la prima volta “appartiene” a una nazione. L’unica vera pecca del lungometraggio, che abbiamo visto in anteprima a Roma, è forse la mancanza di una certo pathos narrativo che rende il percorso verso la Svezia senza particolari brividi. Al Festival di Venezia però “Io sto con la sposa” (prodotto grazie a un’operazione di crowdfunding da parte di 2617 volontari che hanno fornito 100 mila euro) è stato apprezzato e gratificato dalla vittoria del “Premio Fedic”, del premio “Human Rights Nights Award” per il Cinema dei Diritti Umani e del “Premio di critica sociale Sorriso diverso Venezia 2014”. Da domani sarà in 23 sale, con la speranza, fanno sapere i produttori di Gina Films e DocLab, di portarlo in giro per l’Italia, nei prossimi dodici mesi, in tanti altri cinema e associazioni culturali di tutta la penisola.

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